Domani sera il tour italiano dei Dead Meadow fa tappa al Tetris di Via della Rotonda a Trieste. La band originaria di Washington D.C. (ma di recente trasferitasi a Los Angeles) è attiva dal 1998 e ha appena fatto uscire un nuovo cd intitolato «Old Growth», quinto disco ufficiale (terzo per la Matador Records).

Nel 2002 hanno partecipato alle mitiche Peel Sessions della BBC. Perennemente in tour, hanno suonato con Dinosaur Jr., Brian Jonestown Massacre, Super Furry Animals, Sleater-Kinney, Black Mountain, Blue Cheer e tanti altri.

Difficile etichettare la loro musica, la stampa estera si è sbizzarrita inventando neologismi come “organic heavy music”, o “psych funk sludge”. Più semplicemente una miscela di stoner rock e rock classico sulla scia di Black Sabbath, Led Zeppelin, Blue Cheer.

«Certo, suoniamo musica pesante tipo Black Sabbath, – afferma Jason Simon (voce/chitarra) -, ma nelle nostre collezioni di dischi si trovano anche cose insospettabili: il Wu-Tang Clan, Burning Spear e vecchio blues, soul, reggae. Mi piace anche il folk di Bob Dylan, Joan Baez, Joni Mitchell… Ma soprattutto volevo una band in cui suonare lunghi assoli per infastidire i giovani punk intransigenti! Quando abbiamo cominciato eravamo perfettamente consci dello stile con cui componevamo e delle influenze che ci condizionavano. Ma adesso non ci imponiamo nulla e le cose vengono fuori in modo spontaneo, senza porci troppe domande. L’etichetta stoner rock ci sta stretta: preferisco il termine rock psichedelico. Ne so poco della musica di oggi, sono troppo legato ai suoni degli anni ’60 e ’70. Dei gruppi attuali mi piacciono i Black Lips».

Spesso sono stati rilevati nei vostri testi riferimenti a Tolkien e Lovecraft, è così?

«Non sono così diretti. Creiamo paesaggi, è musica che ti porta altrove, escapismo. Siamo interessati alla creazione di universi, di mondi paralleli, all’immaginazione. La rabbia è qualcosa che devi affrontare di continuo nella vita di tutti i giorni, nei testi voglio parlare di altro, evadere. Sono stato molto influenzato anche da Edgar Allan Poe, mi piace farmi trascinare nel mondo della fantasia. Forse per il fatto che la West Coast è così sovraffollata e si tende a sradicare il verde per costruire abitazioni, mi sento spinto in direzione contraria: mi muovo verso paesaggi sonori aperti che mi fanno pensare a luoghi fisici incontaminati».

Molte band della scena di Washington si sono fatte conoscere per l’impegno politico, voi come vi ponete?

«Come puoi non essere politicizzato oggi? La cosa che mi dà più fastidio è il fondamentalismo, di qualsiasi tipo. Con la nostra musica spingiamo le persone ad avere una mentalità più aperta: mi sembra di per sé un atto politico».

Elisa Russo, Il Piccolo 16 Marzo 2008 

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