Venerdì alle 22.30 il cantautore Giuseppe Peveri, in arte Dente, suona al Deposito Giordani di Pordenone. L’artista emiliano sta promuovendo il suo quinto album «Io tra di noi» (Ghost Records) e sta conquistando i cuori e le menti di molti, anche fuori dall’ambito della musica indipendente. Nelle dodici nuove tracce ci sono, ancora una volta, riflessioni in punta di penna sui sentimenti e le relazioni, figure femminili e scambi amorosi lontani dai cliché. «Io tra di noi» arriva dopo due anni di concerti con una band fissa che per Dente, abituato sin dall’inizio a trovare le atmosfere giuste nell’assetto chitarra e voce, equivale ad una significativa crescita dal punto di vista compositivo, vocale e strumentale, crescita sviluppata anche grazie alla prima collaborazione con un produttore in studio. Infatti, in fase di registrazione, a sostenere il lavoro di Dente, della sua affiatata band e degli ospiti c’era la figura discreta ma sicura di Tommaso Colliva (Calibro 35, Marta sui Tubi, Muse, Franz Ferdinand e altri). Insieme al cantautore fidentino hanno suonato nel disco Sig.Solo (pianoforte e organi), Gianluca Gambini (batteria), Nicola Faimali (basso e contrabbasso), Enrico Gabrielli (sax e flauto), Rodrigo D’Erasmo (violino), Daniela Savoldi (violoncello), Raffaele Kohler (tromba), Luciano Macchia (trombone), Domenico Mamone (sax baritono), Daniel Plentz (percussioni). Gli arrangiamenti degli archi sono stati curati da Massimo Martellotta, quelli dei fiati da Enrico Gabrielli.
«Sono stupito ed onorato», dice Dente in merito agli ottimi consensi che sta riscuotendo il suo nuovo lavoro, ricco come sempre di spunti autobiografici:
«Riesco a scrivere solo di me, sono un po’ invidioso di chi riesce a scrivere anche di storie inventate o sentite in giro. Non ho neanche influenze letterarie: tengo la musica e la letteratura separate». Tra le sue passioni cita i cantautori italiani anni 60 e 70… «Non basta una vita a scoprirli tutti, sono un pozzo senza fondo di cose meravigliose. Un grandissimo tesoro. Credo che il più grande cantautore di tutti i tempi sia Sergio Endrigo, ci ha lasciato un patrimonio immenso. Ci sono tantissimi ascolti alle mie spalle, ma non credo di essere derivativo, anche se magari qualcosa viene fuori dai miei brani. Sicuramente Battisti esce dalle mie canzoni, ma sempre abbastanza inconsciamente».
Le sue canzoni sono a volte velate di ironia, ma soprattutto di malinconia.
«Non credo di aver mai scritto una canzone allegra in vita mia. In questo album, come sempre, ci sono anche molti giochi di parole ma meno divertenti, sono più criptici. Non è un disco da primo ascolto, va ascoltato un po’ di più se si vuole capirlo».
Chi la accompagna in concerto?
«La band è la stessa del tour precedente, con cui ho anche arrangiato e registrato il disco. Sono miei amici da tanto tempo: Gianluca Gambini alla batteria, Nicola Faimali al basso, Sig.Solo alle tastiere».
Ha avuto delle offerte da parte di etichette major?
«Ci sono state delle proposte, ma ho deciso di continuare con la Ghost Records, un po’ per spirito cavalleresco, per cercare anche di portare la musica indipendente in posti in cui non era mai stata. Non sono l’unico a fare una cosa del genere, e penso che il nostro Paese sia ancora molto indietro. In Inghilterra ci sono artisti indipendenti in classifica assieme ad artisti che escono per le major e la cosa è molto più appianata, in Italia invece c’è ancora un forte divario: o sei di qua o sei di là. E se uno va di là è un traditore, cosa assurda che succede solo da noi».

Elisa Russo, Il Piccolo 25 Novembre 2011

 

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