«Un rapporto speciale. Sono nata qui e ho scelto di continuare a viverci. È un posto di confine fra Austria e Slovenia, c’è una bella aria mitteleuropea che mi è sempre tanto piaciuta. E negli ultimi cinque anni Trieste è davvero risorta anche culturalmente»: Elisa non nasconde l’emozione di portare i suoi “Diari Aperti” nella terra natia, con tre date al Politeama Rossetti, tutto esaurito da tempo per domani, sabato e per la replica del 31 maggio.
Elisa, che spettacolo porta al Rossetti?
«Il live è diviso in due set e alterna i brani del nuovo album con alcuni dei miei “storici”. La prima parte è più intima, la seconda più energica, dove il pubblico si scatena insieme a me».
A maggio aprirà per lei il cantautore, triestino d’adozione, The Leading Guy. Ad aprile?
«Terra Naomi, una cantautrice dal grande talento con un folk genuino e puro. Con lei avevo già registrato “River”, cover di Joni Mitchell».
Dall’Arena di Verona alla dimensione raccolta dei teatri: cosa cambia in termini di esecuzione vostra e fruizione da parte del pubblico?
«Cantare all’Arena di Verona è stata un’esperienza incredibile, una botta di adrenalina pazzesca. Per questo tour, nato dal disco “Diari Aperti”, ho subito pensato che il teatro potesse essere la dimensione perfetta per rendere un’atmosfera confidenziale e intima. È stata una scelta artistica nata praticamente insieme al disco. Era necessario un contatto diretto con il pubblico».
Spesso gli artisti raccontano quanto sia duro stare in tour lontano dalla propria famiglia e come possano essere malinconiche anche le più lussuose stanze d’hotel. Lei vive una dimensione diversa, avendo il marito nella band e i figli con voi. Com’è la vita on the road tutti assieme?
«Sì, la mia situazione è speciale, il fatto che siamo tutti insieme normalizza un po’ i viaggi. Ovviamente è un contesto più frenetico ma non cambia molto».
Con “Diari Aperti” conferma di avere una grandissima maestria con i testi in italiano (con tanto di duetto con De Gregori). Guardandosi indietro come vede il suo percorso dall’inglese alla lingua madre?
«La verità è che questo album è molto introspettivo e l’italiano risultava più viscerale. L’inglese continuo ad amarlo. È difficile scegliere tra le due lingue perché riconosco la potenza e l’intimità dell’italiano ma amo anche l’identità e la musicalità che l’inglese conferisce alla mia musica».
Ha registrato una parte di “Diari Aperti” in Slovenia, allo studio Jork di Villa Decani (Capodistria) a pochi chilometri da Trieste, gestito dal musicista rock-jazz Jadran Ogrin assieme al figlio Gabriel e progettato dall’inglese Andy Munro. È vero che i suoi bisnonni erano di quelle parti?
«Sì, è vero, e sono molto legata a quelle zone. È stato mio nonno a trasmettermi la passione per la musica. Lavorava in un cantiere e faceva parte di un coro. Insegnava a me e mia sorella le armonie di un canto a tre voci. Lo studio Jork è fantastico e vado lì spesso perché si lavora molto bene, gli standard di qualità sono alti e Jadran e Gabriel sono persone fantastiche. In più in quei luoghi c’è la poesia dei piccoli paesini fuori dal mondo, si sta benissimo e si mangia benissimo».
La abbiamo vista di recente a Roma sul red carpet con Tim Burton per la prima di “Dumbo”, com’è andata? E più in generale che importanza hanno avuto le collaborazioni con il cinema?
«Il link per “Dumbo” è stato creato dalla Disney. È stato incredibile lavorare per uno dei miei miti. Stessa emozione per Tarantino e in quella occasione si aggiungeva anche la straordinarietà di avere accanto anche il Maestro Morricone. Il grande schermo è molto stimolante dal punto di vista creativo anche se più difficile di un disco perché le musiche devono andare di pari passo con quello che ha in mente il regista».
Ai suoi esordi sembrava piuttosto timida e riservata; con gli anni è diventata un’abilissima comunicatrice, a suo agio anche in contesti come quello televisivo di “Amici”. Come ha vissuto questa evoluzione?
«È stato abbastanza naturale. Per diverso tempo sono stata considerata una persona molto timida e forse da qualche parte avevo nascosto delle fragilità. Poi la nascita dei miei figli, la perdita di persone care e l’esperienza televisiva sono stati momenti decisivi nella mia evoluzione. La tv mi ha portato una nuova ricchezza, ho scoperto il calore del pubblico in un modo nuovo, c’è stato uno scambio umano che mi ha colpito moltissimo».
Hanno lanciato una Barbie con le sue sembianze. In generale è considerata un modello positivo, da fan, colleghi, addetti ai lavori, personaggi dello spettacolo. Insomma: sembra mettere d’accordo tutti. Che effetto le fa?
«Una grande responsabilità, ma io faccio quello che faccio perché ci credo e ci ho sempre creduto. Bisogna essere onesti con se stessi per esserlo davanti agli altri. Mia figlia è stata felicissima della notizia della Barbie, ma in generale premi, targhe e riconoscimenti li lascio in ufficio, non voglio che i miei figli e i loro amici mi vedano come mamma supereroe, sono una mamma come le altre».
La abbiamo vista cantare “Luce” in dialetto a Radio Rds, può lasciarci con un saluto in triestino?
«Se vedemo presto muloni, tiremo zo el Rossetti dei!».
Elisa Russo, Il Piccolo 18 Aprile 2019