«Da quando ho incominciato la mia carriera di musicista mi sono sempre definito un cantautore folk rock ma a un certo punto, tutti gli ascolti accumulati negli anni sono straripati e si sono riversati in queste nuove e vecchie canzoni andando a levigare gli spigoli della materia grezza»: esce in questi giorni il primo album del cantautore triestino Francesco Liccari, “Tales of a starless night” (Farace Records), disponibile sulle piattaforme digitali e in cd; dal vivo lo presenta l’8 gennaio al Round Midnight e il 18 in acustico al Mushroom. L’artista ventinovenne ha alle spalle un lungo percorso, fatto di studio della chitarra (con Andrea Massaria), la militanza in alcune band cittadine, il busker per le strade, due ep sempre per la Farace (“Memories of Forgotten Seasons” del 2014 e “Raw Notes” del 2016). Si nutre dei dischi di Bob Dylan, Leonard Cohen, Cat Stevens, Neil Young, Lou Reed, David Bowie, Woody Guthrie, Donovan, De André, Guccini, Branduardi e Bennato rimanendo affascinato dalle loro abilità nel songwriting. «Suono la chitarra fin da bambino – racconta -, nel tempo mi è venuta voglia di scrivere canzoni che parlassero di come vedo il mondo e percepisco la realtà, oltre che dei miei sentimenti ed emozioni. Quasi una valvola di sfogo. Poi ho conosciuto Giuseppe Farace, titolare di uno studio di registrazione in Viale e con lui ho registrato un primo ep nel 2013, un lavoro ancora acerbo, messo meglio a fuoco in un secondo ep. Ho incontrato a quel punto Enrico Casasola e Marco Bertoli che da allora mi accompagnano al basso e alla batteria, sia in studio che dal vivo, con loro ho riarrangiato pezzi editi e inediti». Nel nuovo disco Raul Suarez Del Campo, americano che vive a Trieste, ha aiutato Liccari con la revisione dei testi in inglese, Giuseppe Roberto Atzori si è aggiunto alle percussioni, Oscar Brunetto e Zakhar Deyneka hanno curato grafica e foto. Del titolo (“Racconti di una notte senza stelle”) spiega: «Un cielo nero può far pensare alla morte ma la notte senza stelle è anche quella di luna piena, per questo ci sono testi che possono essere tristi e malinconici, ma senza cadere nell’autocommiserazione, è un invito a trovare lo stimolo per uscire dai momenti bui». Trieste è presente nella foto di copertina (scattata in Porto Vecchio) ma anche nelle canzoni: «I colori, il clima e la bora – riprende Liccari – una canzone come “The Wind” mi è arrivata camminando con il vento in faccia, fin da bambino ti soffia addosso e ti leviga. E poi della città c’è la multiculturalità». E visitando la sua pagina facebook si nota una recente foto accanto a Patti Smith: «Ero di fretta – racconta divertito – e c’erano due signore davanti a me nei pressi della sinagoga, il primo pensiero è stato che andavano al rallentatore impedendomi il passaggio, poi ho sentito che parlavano in inglese e ho riconosciuto Patti dalla voce, inconfondibile. L’ho guardata e mi ha sorriso come dire “sì, sono proprio io” e non ho potuto non chiederle una foto assieme».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 28 Dicembre 2019

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