INTERVISTA FRANK GET, 03.12.15 AL MIELA

Frank Get ROUGH MAN cover WEB Giovedì alle ore 21 il musicista triestino Frank Get presenta il suo nuovo album «Rough Man» al Teatro Miela. Un’occasione per poter ascoltare dal vivo i brani rock, southern rock e blues che compongono il suo tredicesimo disco, il coronamento di una trentennale carriera costellata da concerti in tutto il mondo e collaborazioni con musicisti internazionali.

In «Rough Man», scritto, suonato e prodotto interamente dall’artista triestino, Frank Get riflette sulla propria storia e sulle proprie radici dando vita ad un’opera nella quale affronta tematiche legate a Trieste e all’Istria: «Provenire da una terra in cui i popoli e le culture si son sempre mescolati mi ha fatto sentire cittadino del mondo e non appartenente ad una nazione specifica», commenta. Assieme ai sedici brani scritti da Frank Get, l’album contiene anche due cover, «Mixed up, shook up girl» di Willy DeVille, e «Pancho and Lefty» di Townes Van Zandt, due tra gli autori da sempre fonte di ispirazione per Frank Get, assieme a Bob Dylan, Van Morrison, Ray Charles e James Maddock.

Il songwriter così spiega il titolo: «Rispecchia un po’ il mio modo di essere, non mi piacciono tanto i giri di parole e la schiettezza a volte risulta “ruvida”». Continua raccontando: «Sono partito dal discorso iniziato con la band Ressel Brothers e dall’ispirazione ricevuta dalla ricchissima eredità lasciataci dal nostro illustre concittadino Joseph Ressel ed ho scritto un pezzo dedicato al suo progetto di riforestazione del Carso (progetto ecologista ante litteram). Oltre a ciò ho raccontato, ad esempio, la storia della visita di Buffalo Bill avvenuta il 13 maggio 1906 con il suo incredibile show con più di 600 cavalieri provenienti da tutto il mondo. Lo spettacolo si svolse nel fondo Walti (collina di S.Luigi, dove sono nato) e la cosa che mi ha colpito di più è stata la volontà di portare in giro uno show dove il messaggio era quello della convivenza (cosa incredibile per l’epoca)».

Quindi c’è molto delle nostre zone a livello di testi e contenuti. Le ispirazioni musicali, invece, guardano lontano, a modelli internazionali (anche nella scelta delle cover).

«Molti dei pezzi che ho scritto riguardano il passato della mia famiglia: le mie radici sono istriane ed ungheresi da parte di mia madre, mentre da parte di mio padre piemontesi e slovene, per cui ho iniziato un viaggio raccontando vari episodi accaduti, tra cui la ritirata di Caporetto dove mio nonno fu decorato. Ho ricordato la tragedia, purtroppo dimenticata, delle miniere di Arsia, mia madre è nata lì e mio nonno era il medico della miniera. Poi ho scritto della vicenda dei cambi di cognome subiti sotto il fascismo da entrambe le mie nonne. Ovviamente tutte queste storie le ho raccontate attraverso il linguaggio e la musica con cui sono cresciuto, che ho sempre suonato ed ascoltato che si rifà ai modelli internazionali, nel mio caso sono sempre stati di casa, infatti fin da piccolo ho ascoltato artisti anglo americani, anche grazie ai miei parenti nel New Jersey».

Per quest’album ha deciso di fare “tutto da sé”… com’è nata questa scelta e quanto è stata impegnativa?

«Inizialmente avevo pensato di fare un disco acustico, poi quando ho iniziato le registrazioni mi sono deciso a suonare tutti gli strumenti e quindi sulle linee di chitarra acustica ho suonato le batterie, il basso, e via via tutti gli altri strumenti che ho la fortuna di saper suonare. Facendo tutto da solo il lavoro è stato relativamente veloce, ho iniziato a scrivere e registrare in aprile ed alla fine di agosto ho chiuso il mastering».

Che concerto propone al Miela?

«Presenterò il nuovo album e sarò accompagnato da quattro fantastici musicisti: Giulio Roselli, grandissimo batterista con cui ho suonato negli anni novanta con un altro mio progetto; Tea Tidić, una bassista e cantante di Pola che attualmente suona con varie band tra cui CherryBombz, Vervet, Rock Queens; alle tastiere Andrea Reganzin ed alle chitarre Anthony Basso già chitarrista dei W.I.N.D.».

Una lunga carriera. Bilanci?

«Ho fatto il mio primo concerto nel ’79, quindi è inevitabile ogni tanto fare dei bilanci, ma non mi son mai fermato: il bello della musica è che raramente senti il passare degli anni quindi immediatamente guardo avanti pensando già al prossimo lavoro. La frase che mi ronza sempre in testa è: “Devi lavorare duro per dire la verità, creare uno spazio e un tempo per te stesso ed essere in grado di scrivere e vivere nelle tue canzoni”».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 02 Dicembre 2015

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