intervista GeGè Telesforo, a Cervignano il 28.02.19

Nato artisticamente con Renzo Arbore che ne ha scoperto le incredibili doti vocali, cantante, percussionista, polistrumentista, producer dell’etichetta Groove Master Edition, giornalista, entertainer, autore e conduttore radiotelevisivo… il minimo comune denominatore è la musica a cui GeGè Telesforo, dedica ogni sforzo. Giovedì alle 21 è al Teatro Pasolini per Euritmica: «Il concerto di Cervignano – racconta Telesforo – fa parte di una lunga tournée teatrale partita qualche settima fa e che andrà avanti fino alla fine di maggio, poi una breve pausa prima di ripartire con i concerti estivi. Accanto a me sul palco Dario Deidda, uno dei colossi del basso elettrico a livello internazionale, al pianoforte Domenico Sanna che è uno dei migliori pianisti di jazz contemporaneo del nostro paese, leader della band di New York, Brooklyn Beat!, alla batteria un giovane talento, il 24enne Michele Santoleri. In scaletta brani scritti da me e Deidda nel corso della nostra carriera, rivisitate in chiave world e molto etnica. Puntiamo sulla forza e le architetture dei ritmi e sul piacere di suonarli e presentarli al pubblico».

Al tour è legato un progetto benefico?

«“Soundz for children” progetto per l’Unicef Italia, organizzazione della quale sono diventato ambasciatore e con la quale, dopo cinque anni di sperimentazione, siamo diventati operativi portando i valori della musica nei contesti sociali difficili e a rischio, dove vivono bambini non così fortunati».

Il «Songbook», uscito a ottobre?

«È una raccolta di composizioni originali che ho scritto nell’arco di 25 anni e poi è stato anche stampato un libro vero e proprio che riporta tutte le partiture, i testi, gli arrangiamenti… Comprando la versione digitale, mp3 e pdf, i ragazzi potranno ascoltare musica e studiarsela pure, se avranno la pazienza e soprattutto la passione, perché quella a volte gli manca, i mezzi li hanno».

Nell’album “Fun Slow Ride” del 2016 compare anche il giovane trombettista triestino Daniele Raimondi.

«Talento meraviglioso, bravo ragazzo, solare e questo si risente nello spettacolo. Lo coinvolsi in questo progetto corale, una produzione internazionale per l’americana Ropeadope Records, una delle migliori etichette al mondo al momento, quindi si è ritrovato in un album pieno di star internazionali del jazz, da Max Ionata, Sanna e Deidda, Alan Hampton, Joanna Teters, Sachal Vasandani e tanti altri, credo non dimenticherà quell’esperienza».

Vivere di musica in Italia oggi?

«Il nostro paese non supporta la musica, supporta le popstar e la discografia banale da classifica radiofonica. Purtroppo radio e tv non investono sulle eccellenze dell’arte nostrana. Stiamo continuando a perdere tempo e anche punti nei confronti degli altri paesi. Dall’Italia non se ne vanno solo i ricercatori ma anche gli artisti e musicisti. Quanti direttori d’orchestra, arrangiatori, compositori di colonne sonore se ne vanno in America, in Germania, in Francia perché da noi non vengono proprio considerati?».

La musica in tv?

«L’abbiamo portata noi con trasmissioni come D.o.c., e lo faccio ancora oggi quando ho la possibilità, per esempio con “Variazioni su tema” su Rai5, non ho lo studio né il budget per poter proporre un programma come quelli che si facevano a fine anni ’80, però parlo di musica – cosa che non fa nessuno. Pare che la cultura e la bellezza facciano paura».

Ha dichiarato: “Il talento lo si trova nelle sfumature”.

«Nel pop italiano si cerca di stupire con una vocalità muscolare, anche quest’anno molte canzoni sanremesi erano costruite su melodie che portavano poi il cantante a sfoggiare tutta la sua potenza dinamica. Personalmente, per il background che ho, i brividi li provo quando una bella voce calda intona intervalli che mi fanno venire la pelle d’oca. Oggi le melodie vengono scritte per essere sorprendenti, come se la voce a un certo punto dovesse dimostrare quella forza e quell’impeto e quell’estensione che mi porta a pensare più a una competizione sportiva».

Di Sanremo salva qualcuno?

«Mi è piaciuto molto Daniele Silvestri, un gran bel testo, una canzone con un sound contemporaneo molto intrigante e non banale. Anche il testo di Cristicchi. E non mi è dispiaciuto per niente il vincitore. Non ho capito la polemica del pubblico in sala, cose da Italia piccola e di provincia. Forse la gente a casa non sa che la gente che frequenta il Teatro Ariston in quei giorni è lì per andare a giocare al casinò di Sanremo, con le signore che devono sfoggiare le pellicce e gli uomini il rolex. Io ci sono stato e vi assicuro che non è un bello spettacolo».

Lei intervistò dei miti, per citarne uno: Miles Davis.

«Mi sono ritrovato lì a 27 anni, lo conoscevo per la discografia ma anche per il pessimo carattere. Ho provato il brivido di avere una leggenda accanto. È un ricordo indelebile, il video dell’intervista ha fatto il giro del mondo. Qualche anno fa sono stato invitato a Los Angeles alla prima del film su di lui e a un certo punto hanno chiesto “Quanti di voi hanno incontrato Miles Davis nella vita?”, io ho alzato la mano ed eravamo 3-4 in tutta la sala».

Cosa ha imparato dai grandi?

«Se sei una persona curiosa, e quando fai musica lo devi essere per tutta la vita, impari non solo dai grandi ma sei sempre stimolato, si impara da tutti, anche dai giovani talenti che con il loro istinto naturale fanno cose sorprendenti. Io ho imparato tanto da Renzo Arbore. Da lui ho imparato a vivere da artista, il linguaggio della radio e della tv. In America ho frequentato molto Ben Sidran che mi ha dato la possibilità di lavorare con grandi jazzisti del passato come Dizzy Gillespie, Jon Hendricks, Clark Terry. Quando chiesi a Hendricks di darmi una lezione lui mi disse: “Sei pazzo! Ti pare che vengo da te a dirti i miei segreti?”, ci rimasi anche un po’ male, poi mi disse di stare lì a New York, guardarlo suonare, osservare e imparare così».

Come mai non rimase all’estero?

«Sono tornato per colpa di Arbore. Maledetto! Lo dico in senso buono. Dopo il periodo di D.o.c. alla tv mi ero trasferito a Madison nel Wisconsin, vicino a Chicago dove c’era la base operativa dell’etichetta di Ben Sidran dove lavoravo sia come musicista che come produttore. Renzo mi chiamò per fare una tournée in Sud America con l’Orchestra Italiana. Salutai Ben dicendogli che sarei stato via 10 giorni e poi sono diventati vent’anni in giro con l’Orchestra. Poi ho sentito bisogno di fare di più le mie cose e con grande dispiacere, ho salutato anche Renzo. E adesso sono dieci anni intensi dove mi dedico esclusivamente alla mia musica e alla mia professione».

Cosa la aspetta?

«Oltre ai concerti e a un nuovo disco che mi sto divertendo molto a realizzare continuo con la sesta stagione di “Sound Check” su Radio24 il sabato e la domenica fino alla fine di giugno, in primavera riprenderò a produrre “Variazioni su Tema” per Rai5 (in onda da ottobre)».

Elisa Russo, Il Piccolo 25 Febbraio 2019
Gege

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