Stasera alle 22, Gionata Mirai (il chitarrista del Teatro Degli Orrori) presenta il suo album «Allusioni» (Niegazowana/La Tempesta) al Round Midnight di Via Ginnastica a Trieste (la serata è organizzata in collaborazione con Murmur Eventi). Un disco suonato da solo con una chitarra 12 corde in fingerpicking. Classico e hardcore insieme. Gionata, già leader dei Super Elastic Bubble Plastic e fra i membri fondatori de Il Teatro degli Orrori, arriva al suo esordio solista con un lavoro che spiazza.
Più devoto a John Renbourn che ai Neurosis, più influenzato da Leo Kottke che dai Jesus Lizard.
Le tracce di «Allusioni» sono nate dalle immagini del disastro giapponese di Fukushima e cercano di costruirsi uno spazio di libertà, dove sia possibile ascoltare un brano strumentale di 25 minuti, proprio in un momento storico in cui la gestione del tempo ci è completamente sfuggita di mano, in cui sembra impossibile prendersi una pausa.
Spiega Mirai:
«È un lavoro acustico perché voglio che sia riproducibile in qualsiasi condizione, sembrerà strano, ma comincia a darmi noia l’idea di dipendere dall’elettricità per potermi esprimere; un disco di chitarra fingerpicking tecnicamente abbastanza semplice, ma il fatto che sia suonato con una 12 corde rende tutto molto più colorato. Credo di avere finalmente fatto pace con quei tre anni di chitarra classica che feci da bambino e che ho sempre pensato non mi fossero serviti a nulla».
Come stanno andando i concerti?
«Sono piacevolmente stupito dal fatto che la gente sia ben disposta. Suono in posti piccoli e quindi c’è un rapporto molto intimo tra me e il pubblico, si crea un legame proprio bello, uno scambio ed è strano perché non è proprio un concerto convenzionale: è una mezz’ora di empatia totale».
Anche le recensioni sono ottime.
«Quando un progetto è sincero si sente; se una proposta è sincera, viene accolta bene. Poteva andare molto peggio in Italia perché non abbiamo riferimenti musicali e culturali in quel campo, a livello di chitarra acustica».
Il disco è co-prodotto dalla Tempesta e Niegazowana. Come è nata questa doppia collaborazione?
«Ho apprezzato tantissimo il disco “Semper Biot” di Edda uscito per l’etichetta Niegazowana. Amavo Edda fin dai tempi dei Ritmo Tribale, l’ho visto in concerto nel 1993, da ragazzino, e il fatto che sia tornato di recente da solista mi ha fatto immenso piacere. Ho fatto di tutto per entrare in contatto con lui perché c’è una stima forte nei suoi confronti. Questo ha fatto in modo che conoscessi anche i ragazzi di Niegazowana e Walter Somà (musicista e co-autore con Edda). Questa conoscenza si è trasformata istantaneamente in collaborazione perché siamo della stessa pasta e quindi ci troviamo bene. In questi giorni ho registrato anche un contributo al disco di Walter Somà e Aldo Romano. Ho trovato i loro provini interessanti, con uno spessore umano e artistico notevole e se posso dare una mano portando un valore aggiunto ad un prodotto che è già buono di suo, sono ben disponibile. Tempesta è la mia etichetta, ci lavoro e ho un bel rapporto umano. Avendo trovato altri partner è stato bello riuscire a coniugare, a mettere assieme realtà anche diverse e lontane ma con uno spirito affine, disposte a sostenere un progetto assurdo come il mio!».
Cosa ci puoi anticipare del nuovo disco del Teatro degli Orrori?
«Il disco esce il 31 gennaio, è praticamente finito; si intitola “Il Mondo Nuovo”, è un album molto “spesso” come direbbero a Torino e siamo molto curiosi di vedere come andrà. Ci sono un sacco di azzardi ed esperimenti dentro e speriamo che l’Italia sia pronta ad assecondarci anche in questa prova, per quanto impegnativa possa essere».
In formazione con Il Teatro c’è un triestino, il batterista Francesco Valente. Che idea ti sei fatto di Trieste, magari attraverso lui?
«Non ci sono stato tantissime volte ma ho l’impressione che ci sia una quantità di “matti” che rende la città discretamente interessante! È una città di confine, un posto in cui si vanno a mescolare un sacco di personalità diverse e si crea una situazione anomala rispetto al resto dell’Italia, rispetto ad una città qualsiasi dell’entroterra come può essere Mantova o Milano. Trieste è esteticamente stupenda, c’è una bellissima aria, i triestini sono abbastanza strani e a me piacciono le persone strane».
Hai collaborato anche con Vincenzo Fasano…
«Mi sto muovendo in giro per l’Italia e finisco a suonare con tutte le persone simpatiche che trovo. Ho scoperto anche lui quest’anno, è un ragazzo di Mantova, la mia città ed è una persona interessante, intelligente, ha fatto un disco bello… ben venga una collaborazione».
Elisa Russo, Il Piccolo 04 Dicembre 2011