GIULIO CASALE IN CONCERTO VENERDì 03 DICEMBRE
Questa sera alle 21.45, Giulio Casale sarà ospite speciale del XIII Festival Internazionale di Poesia, allo stabilimento Ausonia. Si parte alle 20.30 con le letture degli ospiti internazionali Ion Deaconescu (Premio Internazionale Trieste Poesia), Rade Siljan (Premio Anthares “Un Poeta per la pace”), Boris Vishinski e Mary Barbara Tolusso. Si prosegue con le performance di Christian Sinicco e Maria Teresa Atzori, le cui poesie saranno interpretate sia a livello musicale, con la band Baby Gelido e il Circolo Jambo Gabri, sia pittorico, con le istallazioni di Paolo Cervi Kervischer e gli allievi del suo laboratorio. A termine delle performance entrerà in scena Giulio Casale, già frontman del gruppo rock Estra e scrittore (Premio “Grinzane Cavour”). «Gli organizzatori mi hanno chiesto se possibile di cantare e basta! Senza recitare o leggere», spiega Casale. «Farò una carrellata di mie canzoni. Darò una testimonianza di una cifra di scrittura rappresentata in questo caso dalle canzoni. Scrivo libri, faccio spettacoli teatrali quindi in questo caso è una parte della mia scrittura. Ho visto il programma del Festival e mi sembra proprio bello. Ho aderito più per la bellezza della manifestazione in sé che per fare un mio spettacolo. Un modo per dire: “sottoscrivo l’evento”!».
Trieste la conosce un po’?
«Ho un rapporto molto profondo, molto antico con la città. Mia nonna era piranese. Poi dal ’54 tutta quella parte di famiglia si era trasferita a Trieste. Quindi è una città alla quale sono particolarmente legato, una città che amo molto dalla passeggiata Rilke a Duino, al Castello di San Giusto. La conosco molto bene sia dal mare che dalla terra. Amo molto anche il Carso. C’è qualcosa che mi lega anche alla Trieste di Joyce e di Svevo, ovviamente. Mi porto dentro tante cose di quel posto. La conosco bene, anche se non ho la fortuna di lavorarci, in genere. Anche per questo mi ha fatto piacere questo invito. Le mie tournée hanno sempre toccato il Friuli ma mai la città di Trieste. Da gennaio riprendo la tournée della Canzone di Nanda e il 10 febbraio sarò al Teatro di Monfalcone».
Si è trasferito dalla sua Treviso…
«Vivo a Milano da una decina d’anni ormai».
Le manca il Nord Est?
«Non tanto, nel senso che continuo a frequentarlo per motivi di affetto e di famiglia. Non ho interrotto i legami, però avendoci vissuto trent’anni, mi sorprende poco. Con gli Estra pubblicai un disco che si chiamava “Nordest Cowboy” in cui c’era un po’ questa analisi dei traumi del post arricchimento e avevo cercato di sottolineare quelli che erano gli squilibri, gli sconquassi… quello che mi spaventa del Nord Est è una forma di arrogante egoismo che sempre più si è fatto largo anche come espressione politica. Ma anzitutto nella dimensione umana delle relazioni, in cui non mi riconosco. Adesso siamo già in un’altra fase. Una fase di grande difficoltà. Alcuni nodi sono venuti al pettine. Avendo convinto 15-20 anni fa i figli degli imprenditori che non era assolutamente il caso che loro studiassero e girassero il mondo perché tanto avevano già tutto lì a disposizione… bhè oggi si vedono i risultati. Sono nato nel ’71 quindi ho visto tutta la parabola dell’ingegno imprenditoriale nordestino. Mi sembrava tutto molto fragile, e mi sembra che sia sempre più evidente».
Per qualche anno la Mescal ha raccolto attorno a sé il meglio della musica italiana. Poi che è successo alla musica “indipendente” nostrana?
«È sotto gli occhi di tutti che la discografia sta messa molto male, anche perché i cd non li compra più nessuno. Ma c’è anche una responsabilità di chi ha fatto delle scelte in quegli anni. È bello ricordare la seconda metà degli anni ’90 come un momento di grande apertura, anche da parte delle case discografiche. Sembrava che finalmente ci fosse uno spazio per proposte diverse, non allineate al mercato discografico inteso nel senso più bieco (gruppi che devono funzionare al primo ascolto, digeribilità del grande pubblico della forma canzone) in quel momento eravamo in tanti, ognuno faceva un discorso diverso ma abbastanza a fuoco: c’era pubblico, c’erano i locali in cui si poteva suonare, riviste che ancora si vendevano e che raccontavano questa scena. Poi è successo che il mercato è collassato e collassando ha reimposto i pochi prodotti che pensava di poter piazzare sicuramente. Ma non era più vero neanche quello».
Quali artisti in circolazione apprezza?
«Quel tipo di fermento non c’è più, per cui si passa da cose ultra famose a cose di nicchia piccolissime. La differenza è che in quel momento la scena riusciva a stare esattamente nel mezzo di queste due cose. Oggi devi andare a scovarti gli autori semi sconosciuti, che sono tanti. Penso a Vasco Brondi, Marta sui Tubi… che non riescono però ad avere quel peso che sembravano avere i gruppi della fine dei 90. Poi c’è il mainstream e ci sono anche cose di qualità. Quello che mi piacerebbe molto nei prossimi mesi è provare di nuovo a sfidare queste gabbie, come già facevo con gli Estra. Per esempio riuscire anche da parte di chi scrive di non porsi il problema del pubblico, ma provare a parlare a tutti e vedere cosa succede. C’è anche una consolazione un po’ puttana nel compiacersi dell’essere nicchia, qualità. È una cosa che si dovrebbe superare una volta per tutte, senza allinearsi in toto ai meccanismi del mercato. Per entrare nell’immaginario collettivo in modo forte. Se pensiamo all’esperienza di Battiato vediamo che è possibile parlare a tutti portando intelligenza lì dove regna volgarità».
L’anno scorso è stato ospite a Che tempo che fa, di recente alle Invasioni Barbariche. Cosa può dirci di queste esperienze televisive?
«La televisione è un luogo dove non ho ancora capito come si faccia a non recitare. Io faccio almeno 100 spettacoli all’anno a teatro e devo dire che a teatro si può recitare molto meno che non in televisione, paradossalmente. La tv ti obbliga ad un rapporto talmente finto e mediato con l’interlocutore… è tutto un fottimento. Quando posso testimoniare magari per pochi minuti quello che sono, cioè quello che faccio a teatro soprattutto, ci vado. Ma le occasioni sono pochissime. Mancano proprio i luoghi in cui esibirsi. Ogni tanto hai bisogno si andare solo per dire: guardate che sono in giro, faccio delle cose. È un invito a venire a teatro».
Il 2011 in cosa la vedrà occupato?
«Nel 2011 riprende la tournée della Canzone di Nanda spettacolo di teatro e canzone, fino a giugno 2011. A quel punto spero finalmente di poter uscire con un disco di inediti miei. Provare a fare una tournée di concerti. Ho tante canzoni nuove che vogliono farsi cantare. Una è nella colonna sonora di Aldo Giovanni e Giacomo in uscita. Riappropriarmi di quello che è il mio primo mestiere».
Elisa Russo, in parte su Il Piccolo 3 Dicembre 2010