Venerdì alle 21 la “Barcolana in Musica” vedrà salire sul palco di Piazza Unità alcune band emergenti locali per dare poi spazio al cantautore toscano Il Cile, già conosciuto per due album di successo (“Siamo Morti A Vent’anni” del 2012 e “In Cile Veritas” del 2014, entrambi usciti per la Universal), una partecipazione a Sanremo 2013 fino ad arrivare alla super hit estiva “Maria Salvador” firmata assieme a J-Ax.
Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile racconta:
«Sono già stato a Trieste con il Tim Tour e quindi conosco la vostra bellissima piazza! Ricordo la bellezza del posto e gli echi esteri che si sentono, si percepisce il confine. È una parte dell’Italia da vedere, Trieste è un esempio stupendo di come la natura si mescoli con la storia e la gente trasmette un’umanità unica».
Che concerto porta alla Barcolana?
«Con due dischi e la band al completo si riesce a fare una scaletta eclettica, con dei saliscendi emozionali di velocità e di ritmo. Sarà un concerto dove farò vedere tutti i lati della mia musica. Divertire ed emozionare sono i codici che ho sempre cercato di trasmettere».
Un contratto Universal, Sanremo… eppure dietro c’è una lunga gavetta: già nel 2003 suonava la chitarra in un gruppo punk.
«Non è che se hai un contratto con una major diventi subito famoso, anzi… Sono riuscito ad emergere in un momento in cui i talent avevano addirittura più egemonia di adesso. Una radio ha creduto nel mio primo singolo “Cemento Armato” che a mio parere è una delle canzoni più belle che ho scritto e il pubblico poi mi ha premiato. Anche fare Sanremo non determina nessuna certezza.
Poi ho scritto ed interpretato il ritornello di un pezzo di J-Ax che è stato un tormentone estivo e ho duplicato il following e coinvolto persone che non sapevano neanche esistessi, nonostante avessi già fatto tanto. Nel mio mestiere non si arriva mai. È così anche per le persone con cui ho collaborato, tra cui i Negrita e tanti altri big: non è che se riempi un palazzetto poi dici “ok sono arrivato”, è un lavoro sempre in fieri e cerchi sempre di scrivere la canzone della vita… c’è una selezione naturale davvero altissima, dovuta non solo al talento. Sparire, poi ritornare è un attimo… ci sono tanti fattori che determinano questo lavoro, da fare soltanto se davvero è la cosa più importante della tua vita. Io l’ho scelto ed è un po’ come diventare prete! Se scegli la musica è una fede che non potrai più abbandonare, ne sei dipendente».
Un incontro importante è stato quello con il produttore e manager Fabrizio Barbacci (Negrita, Ligabue, Gianna Nannini).
«Un incontro felice per entrambi e da lì è nato tutto. Quando devi esordire, avere alle spalle un nome così pregno di risultati, dischi di platino, un vero talento della produzione è qualcosa che non capita a tutti e quindi sono felicissimo».
J-Ax, Club Dogo, Clementino: ha collaborato spesso con dei rapper.
«Ascolto il rap da quando sono adolescente. Forse non ho fatto rap perché non volevo vestirmi con i vestiti larghi! Quell’ambiente non si confaceva del tutto a quello che ho sempre sognato da ragazzino: il rock, le chitarre, gli amplificatori, la batteria, i tour in furgone… però il rap è un genere che stimo e che ho seguito. Per me esistono canzoni belle o brutte, indipendentemente dal genere. In quinta elementare mi feci comprare da mia madre il disco dei Nirvana e ho sentito dolore, rabbia, dissacrazione, un messaggio universale».
Qual è lo spirito toscano?
«Un’incazzatura perenne che però sfocia in ironia (che ci salva)».
Ha aperto i concerti di Ben Harper, The Cranberries, Jovanotti, Ligabue. A Trieste saranno gli altri ad aprire per lei.
«Auguro loro il meglio possibile: di raggiungere il proprio obiettivo che non necessariamente deve essere una major o Sanremo o il disco d’oro… Il proprio obiettivo può anche essere suonare grindcore e girare l’Est Europa! L’importante è sempre credere davvero nei propri sogni, deve essere una necessità interiore, quasi un ingombro: senza la musica non vivi. Sono molto assolutista».
Prossimi progetti?
«Il terzo album, sto cercando di far sì che sia il disco che più mi rappresenti, il disco che volevo fare».
Elisa Russo, Il Piccolo 06 Ottobre 2015