intervista Il Parto delle Nuvole Pesanti al Teatro Miela il 06.12.19

È fresco di pubblicazione “Sottomondi”, nuovo album del Parto delle Nuvole Pesanti, band calabro-bolognese in pista dai primi ’90, in cui si racconta di un’umanità caleidoscopica e senza voce, fatta di bambini, donne, immigrati e emarginati, attraverso canzoni e musiche che «servono per vivere, resistere e, a volte, cambiare». Venerdì alle 21 sono al Teatro Miela per S/paesati con «Un nuovo concerto che dà vita a un originale métissage di sound etnico, folk e world music, dove la tradizione musicale calabrese si fonde con quella mediterranea, i brani danno spazio a follie e sogni lisergici, ironici e surreali, stimolando il piacere dell’ascolto e la voglia di agitare il corpo».

Una storia fatta di 13 album, collaborazioni con artisti e scrittori come Claudio Lolli, Roy Paci, Teresa De Sio, Fabrizio Moro, Tony Canto, Carlo Lucarelli, Carmine Abate e Vito Teti, canzoni come “Onda Calabra”, colonna sonora di “Qualunquemente” di Antonio Albanese (Festival del Cinema di Berlino e nomination come Migliore Canzone al David di Donatello) e “Giorgio” (nomination al Premio Amnesty International), il Parto delle Nuvole Pesanti ha fatto dell’impegno sociale la sua bandiera.

«Nel 2013 – racconta Salvatore De Siena, voce, chitarra e tamburelli – eravamo stati sempre al Miela per S/paesati con l’album “Magnagrecia”. Trieste ce l’ho nel cuore perché è una città di confine e la sento molto vicina, la trova straordinaria. E poi c’è la Bora, io vengo da Strongoli in provincia di Crotone dove tira un forte vento».

Data zero del tour qui, come mai?

«Stavamo chiudendo il disco ma era uscito in anteprima il singolo “Niente Ninna per l’uomo né” che affronta il tema dell’immigrazione, del razzismo, dei diritti negati, citando la storia di Riace e Mimmo Lucano: sentendolo gli organizzatori di Trieste hanno pensato di voler incrociare la loro rassegna con la nostra nuova puntata discografica. Abbiamo accettato subito nonostante fosse un po’ presto: il tour vero e proprio parte a gennaio».

Un singolo che definite “agrodolce”.

«Scrivendolo ero così emozionato che avevo paura di farlo ascoltare agli altri, essendo una ninna nanna temevo quasi che gli adulti non potessero capirla e che gli altri della band potessero bonariamente prendermi in giro».

E poi?

«L’amica manager Lara Maroni l’ha sentita e si è emozionata quindi mi ha convinto a condividerla e si è fatta strada da sé. Il videoclip è stato poi richiesto dall’Italian Film Festival di Cardiff, e l’hanno voluto usare come colonna sonora tra un film e l’altro».

“Sottomondi” è un disco molto denso. Costa fatica?

«Bob Dylan, Lolli, De André: proviamo a togliere le loro canzoni e lasciare solo quelle del disimpegno e leggerezza, senza un messaggio. La nostra vita migliora? Ovviamente no. I sacrifici ci sono, ma i riconoscimenti arrivano e sono quelli della gente comune».

Tanti sguardi diversi sul femminile: Frida Kahlo, la violenza sulle donne, fino alla femmina ammaliatrice.

«Il primo artistico esistenziale, il secondo dalla parte delle donne che subiscono ma anche uno rifacendomi al mito di Circe, “Una passante” di Baudelaire, “La Ballata dell’amore cieco” di De André: mi interessa la complessità dell’umanità, le diverse sfumature».

E poi in “Non sono mai stato socià” c’è quello che a forza di non sopportare nessuno odia pure sé stesso.

«Voglio mettere in evidenza che c’è il fattore pancia, non siamo tutti buoni, felici e contenti. Vado a scandagliare quello che c’è nelle viscere dell’essere umano, con ironia».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 4 Dicembre 2019

Il Parto delle Nuvole Pesanti Il Piccolo

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