Intervista LYDIA LUNCH al Teatro Miela il 31.03.18

«Sono un’artista conflittuale che utilizza qualsiasi media si adatti al mio bisogno di esprimere i temi rilevanti di oggi, che siano di natura politica, sociale o sessuale. Non mi sveglio pensando di essere un’icona, queste sono cose che gli altri proiettano su di me. Io mi sveglio e penso che ci sono parole da dire per re-indirizzare lo sbilanciamento del potere». Insomma, non chiamatela icona. Eppure Lydia Lunch cantante, scrittrice, attrice, musicista, performer newyorkese, difficilmente può scrollarsi di dosso quell’aurea da regina della trasgressione assurta a modello. L’artista americana sarà per la prima volta a Trieste, sabato alle 22, per una stagione di Miela Music Live che ha dato ampio spazio a forti figure femminili. Sarà accompagnata dal batterista americano Weasel Walter (fondatore di The Flying Luttenbachers) con la partecipazione della multistrumentista Zahra Mani (artista nata a Londra e vissuta in Austria, Istria, Croazia, Inghilterra e Pakistan). Lo spettacolo è “Brutal Measures”: «Un’intensa esplosione di batteria e elettronica, – spiega Lunch – improvvisazione, con interventi di spoken word (poesie/testi recitati) e parti cantate. Bello. Bombastico. Unico. Ogni concerto è diverso dall’altro».

Il pubblico italiano capisce le sue parole?

«Non illudetevi che in America mi capiscano meglio eh! (Ride ndr). Non è importante cogliere la singola parola, è la passione, l’aggressività, l’emotività che arrivano comunque».

In Italia ha suonato spesso. Cosa apprezza e cosa no?

«I miei nonni erano siciliani. Ci sono così tante cose da amare dell’Italia: la cultura, i film, le arti visive, la musica – dall’opera alle colonne sonore. La passione degli individui. L’umorismo. Le cose marce, sono quelle che puzzano ovunque allo stesso modo. La rampante corruzione patriarcale. La misoginia. La stupidità della massa».

Cosa rimane della leggendaria scena underground newyorkese che ha contribuito a creare?

«Oggi ci sono enormi musicisti jazz, perlopiù sconosciuti, che condividono l’intensità del movimento No Wave. Ho lasciato New York nel 1990, vissuto in tanti posti, tra cui Barcellona. Torno a New York solo per i musicisti con cui suono, come Weasel Walter. A volte la città fa schifo, ma ci sono belle persone, come ovunque. Son in tour almeno metà dell’anno. Quando sono a casa esco di rado, preferisco invitare gli amici e intrattenerli. Una mia giornata tipo? Le notti sono più interessanti. Lascio alla vostra immaginazione».

Le sue linee guida?

«Essere assolutamente me stessa, completamente indipendente, dire la verità – non importa quanto possa suonare brutale. Essere una nomade che vagabonda per il pianeta in cerca dei propri simili».

Nel 2008, ospite di Absolute Poetry a Monfalcone, ci raccontava della sua avversione a MySpace. La situazione con i social, da allora, si è evoluta paurosamente.

«La gente deve liberarsi di quei maledetti telefoni e buttarsi nelle relazioni reali, anziché fingere amicizie con persone che non ha mai incontrato. Non ho Facebook, Twitter o Instagram. Sono troppo impegnata ad avere una vita vera. Continuo a lavorare con artisti strepitosi, giro il mondo, e protesto anche contro queste cazzate».

Ha usato l’arte anche per esorcizzare le molestie subite da ragazzina. Cosa ne pensa del caso Weinstein, del movimento #metoo, di Asia Argento non supportata in Italia…

«La stessa triste storia di sempre. Patetico. Biasimo i genitori che non insegnano alle loro figlie a farsi valere quando qualcuno fa o dice qualcosa di offensivo, le donne devono imparare l’autodifesa verbale, fisica, emozionale. Ai maschi va insegnato a comportarsi come esseri umani degni. Ma purtroppo, in Italia come negli Usa, abbiamo bugiardi patologici e pervertiti nella classe politica e come si dice, il pesce puzza dalla testa, con conseguente degenerazione. Che cazzo di anno è? Se la figa non fosse stata così potente, misteriosa e irresistibile, forse gli uomini non si sarebbero comportati come cani che ne vanno costantemente a caccia».

Cosa la aspetta?

«Un nuovo disco per la Rustblade che uscirà come “Marchesa”, mescolando il Marchese de Sade e miei scritti a lui ispirati, con musiche da me composte. Un libro già finito intitolato “So Real it Hurts” (Così reale da far male). Ancora collaborazioni con Cypress Grove. Seminari dedicati alle donne. A settembre un tour con Retrovirus. Sicuramente c’è tanto altro, ma questo è quello che mi viene in mente ora: mentre rispondo sono per me le 7 del mattino».

Elisa Russo, Il Piccolo 31 Marzo 2018

Lydia Lunch il Piccolo

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