«Ho attraversato anni di cose belle e stimolanti ma anche molto organizzate, progettuali fino al midollo. La televisione mi ha cambiato la vita – anche in meglio, però mi ha costretto a dei regimi stretti e precisi e dal punto di vista professionale avevo voglia di tornare a un altro tipo di sentimento intorno alla musica, molto più naturale, più spontaneo, più intimo con il pubblico»: Manuel Agnelli, frontman degli Afterhours, una delle più importanti rock band nostrane fin dagli anni ’90, giudice televisivo a X Factor e ora conduttore di “Ossigeno” su Rai3, racconta la spinta che ha fatto nascere “An Evening with Manuel Agnelli”, spettacolo che sta registrando sold out in tanti teatri italiani, in arrivo sabato alle 21 al Politeama Rossetti.
I milanesi Afterhours non sono passati spesso a Trieste: nel 1998 all’Hip Hop, nei 2000 per qualche brano in Piazza Unità all’Adidas Streetball e l’ultima volta nel 2006 sempre in Piazza Unità per la Barcolana. Eppure Manuel Agnelli è particolarmente legato a queste zone: sua mamma e i nonni erano di Pirano e avevano poi vissuto a Trieste, qui gli rimane qualche parente, come la cugina della mamma. Torna in città con «Uno spettacolo minimalista però non acustico – riprende – io e Rodrigo D’Erasmo (violinista, polistrumentista anche negli After) cerchiamo di riarrangiare i brani degli Afterhours e alcune cover in maniera personale e elaborata, non banale».
In scaletta cover di Nick Drake, Lou Reed, Joy Division, Nirvana, Tom Waits, Springsteen…
«Mi servono per raccontare la mia formazione musicale e il periodo storico in cui sono nati questi pezzi. Faccio dello storytelling, raccontando sia cose che mi riguardano, sia cose che succedevano intorno a me. Leggo anche brani di scrittori che non necessariamente appartengono alla città in cui ci esibiamo, ma preferibilmente sì. Abbiamo avuto una certa cura nello scegliere una parte di antologia che riguardasse le città che visitavamo».
Per descrivere lo show ha usato le parole “libertà” e “leggerezza”.
«Non siamo imbrigliati in regole precise. Ci capita di scegliere a cena scaletta e letture, con il rischio di non essere precisissimi ma non è quello l’importante. Andiamo da momenti molto intensi (quando suoniamo), al semiserio quando faccio dei racconti che possono essere anche un po’ picareschi e ironici».
Dopo tre anni lascia X Factor.
«Mi è stato concesso uno spazio, ho potuto essere me stesso e raccontare le mie storie all’interno di un format che non era il mio. Le cose che dovevo dire le ho dette, sarei diventato una macchietta, più personaggio che persona e anche per questo ho voluto riconquistare una dimensione più umana con questo tour e con Germi, un luogo di contaminazione/laboratorio che abbiamo aperto a Milano, un posto piccolo dove però invitiamo un sacco di gente e circolano le idee. E con il mio programma “Ossigeno”».
È ora in onda su Rai 3 la seconda stagione.
«L’anno scorso abbiamo avuto un sacco di feedback positivi ma ascolti bassi. Quest’anno, con la stessa formula, abbiamo ascolti alti: evidentemente insistere è stata la scelta giusta».
Come si sente nei panni dell’intervistatore tv (tra gli ospiti di quest’anno Salmo, Subsonica, Zerocalcare, Baustelle, Anna Calvi, Piero Pelù, Max Gazzè, Ivano Fossati…)?
«In una posizione privilegiata perché ho scelto io chi intervistare, parlo sempre di cose che mi interessano, posso esprimere il mio punto di vista al 100% e mi trovo bene, anche quando sono persone molto diverse da me (scienziati, fumettisti, architetti) riesco a stabilire un contatto empatico ed è la chiave di lettura delle interviste di “Ossigeno”. Cerco di far loro esprimere un punto di vista sulla società e sul mondo, anziché parlare di vicende personali come spesso accade in tv: a volte il pubblico ha un interesse un po’ morboso per i dettagli della vita personale che secondo me non sono così importanti e cerco di evitarli».
È stato anche ospite da Fazio, Berlinguer, Gomez… Come le sembra il mondo televisivo?
«Non sono tutti uguali e non è giusto generalizzare. Ma la televisione di oggi è ossessionata dalla sintesi, devi essere molto conciso e questo ti porta a essere imperativo nelle cose che dici. È una distorsione, perché poi vediamo i ragazzi essere imperativi anche nella vita – lo noto in mia figlia – quando si esprimono esagerano, vanno oltre il limite perché sono abituati a dire due parole sempre col punto esclamativo. In tv purtroppo è così, abbiamo avuto trent’anni di destrutturazione culturale che ha portato al trash delle trasmissioni con la gente che urla una sopra l’altra e fare un discorso approfondito diventa impossibile perché non ci sono i tempi e non c’è la pazienza da parte del pubblico, non c’è l’abitudine alla curiosità. Quindi devi tenere dei ritmi che non sono umani, qualcuno ha il talento di essere molto veloce nel dire le cose, altri non lo hanno ed escono delle trasmissioni disastrose. Finisce per contare più la scatola del contenuto e anche i critici televisivi si fermano lì. Anche se la curiosità sta tornando, sono fiducioso quando vedo che stiamo riempiendo i teatri con questo spettacolo».
Quest’anno a Sanremo “Argento Vivo” di cui è co-autore ha ricevuto tre premi.
«Il testo è soprattutto di Daniele Silvestri, mi sono limitato a scrivere le mie parti, cercando di entrare nel pezzo in modo forte e drammatico, sparigliando un po’ le carte come mi era stato chiesto. È quasi un’operetta tra me, Silvestri e Rancore, una successione di eventi che sono poco da canzone pop, quasi teatrale ma nella maniera più naturale possibile. È stato divertente, Silvestri è un enigmista, molto complicato e intelligente».
Il futuro degli Afterhours? Ci sarà un’unica data il 18 luglio al Sonic Park di Bologna.
«Faremo sicuramente un nuovo disco ma dopo essere stati fermi per un po’. Ho sempre pensato che non dovessimo diventare un’azienda, una catena di montaggio».
Elisa Russo, Il Piccolo 25 Aprile 2019