Doppio appuntamento con l’edizione invernale di Guča sul Carso, festival di balkan e world music nella grande tensostruttura a Borgo Grotta Gigante, alle porte di Trieste. Sabato la kermesse si chiuderà con gli attesi Dubioza Kolektiv. Venerdì, con apertura porte alle 19.30 e inizio concerti alle 21, ci sono i pordenonesi Mellow Mood, gruppo di punta del reggae ed i serbi S.A.R.S., influente band della scena rock e pop nei Balcani. I concerti saranno seguiti dal dj set Overjam Sound.
I Mellow Mood sono in pista dal 2005, 4 dischi all’attivo e oltre 30 milioni di visualizzazioni su YouTube. Nel 2009 esce «Move!», nel 2012 entrano nella sezione internazionale de La Tempesta Dischi pubblicando «Well Well Well». «Twinz» del 2014 allarga ancora il loro campo d’azione, portandoli a suonare da protagonisti sui palchi dei principali festival europei (Rototom Sunsplash, Summerjam, Sziget) e oltreoceano. Nel 2015 esce «2 The World». Paolo Baldini si conferma ancora una volta architetto sonoro e produttore di questo disco che è arricchito da collaborazioni nazionali (Forelock, Andrew I) e ospitate giamaicane (Tanya Stephens, Jah9, Hempress Sativa, Gideon & Selah).
La scintilla iniziale che ha portato dei ragazzi della provincia di Pordenone a suonare musica reggae-dub?
«Il primo ricordo che ho: eravamo in vacanza in Croazia, io (Lorenzo Garzia ndr) ed il mio gemello Jacopo, avremmo avuto 13-14 anni e nostra mamma si mise a cantare “No Woman, No Cry” di Bob Marley, nonostante non ci fosse mai stato un disco reggae a casa nostra. Ci piacque molto la melodia. Volevamo scoprire questo artista per noi sconosciuto e ordinammo una compilation con i suoi successi e da lì è scattato l’amore. Il fatto che veniamo dal Friuli e soprattutto da una periferia, San Vito al Tagliamento, ha fatto sì che ci sforzassimo un po’ di più per immedesimarci in una musica che fa parte di una cultura altra. Magari un salentino o un sardo che vivono con il caldo e con il mare, fanno meno fatica ad immedesimarsi in un jamaicano! Lo sforzo è stato notevole all’inizio. C’erano altre band come i Pitura Freska o i BR Stylers che noi però non conoscevamo assolutamente, non avevamo idea di quello che succedeva intorno a noi. Quindi ha fatto sì che sbocciassimo come un fiore unico, non veniamo da nessuna scena, è stata una nascita strana».
Oggi avete un seguito massiccio. La vostra gavetta?
«Ormai siamo in pista da dieci anni, abbiamo sempre suonato tantissimo, fin dall’inizio. È chiaro che i primi anni non fai pienone, non vieni pagato e per fortuna eravamo giovani abbastanza da potercelo permettere. Ma non sei mai “arrivato”: in Italia il raggae non è un genere mainstream, anche se fai tanti concerti sold out è un terreno sempre da conquistare, siamo una sottocultura nell’underground».
Un consiglio ai giovani esordienti.
«Per suonare bisogna mettersi nell’ottica che ti stai sì divertendo ma ci vuole anche la serietà. L’arte è anche disciplina. Se a 15 anni stai facendo musica magari non è ancora un lavoro, ma se quella cosa ce l’hai dentro e vuoi fare l’artista devi disciplinarti, è fondamentale in questo mestiere. Non hai un capo che ti dice cosa fare o quando alzarti la mattina, devi autodisciplinarti e lavorare tanto. Non devi perdere tempo, devi dedicarti. Piuttosto che andare al bar alla sera stai a casa e lavori sulla musica. Poi certo, devi piacere. Se piaci, ti chiameranno a suonare. Piacere vuol dire arrivare alla gente. Significa anche manifestare al pubblico la possibilità di immedesimarsi in te. E poi devi avere qualcosa da dire».
Importante la vostra collaborazione con la Tempesta e i Tre Allegri Ragazzi Morti. Si può dire che le vostre sonorità hanno, ad un certo punto, influenzato i TARM stessi?
«La musica caraibica è la più ascoltata e suonata al mondo. Credo che i TARM fossero rimasti colpiti da un viaggio a Cuba e che avessero subito la fascinazione del reggae e del dub già prima, anche conoscendo Paolo Baldini. Poi essendo entrambi di Pordenone – io e Davide Toffolo abbiamo addirittura avuto la stessa insegnante di matematica! – ci siamo incontrati proprio quando stavano facendo il loro disco reggae e abbiamo collaborato. Sono molto felice di questo incontro, perché sono persone che stimiamo molto a livello artistico. Ci siamo influenzati a vicenda, per esempio io prima non ascoltavo i TARM. Ora li ascolto e trovo molto bella la scrittura di Davide. L’anno scorso è anche venuto con noi in Jamaica, proprio perché è rimasto molto affascinato da questo mondo».
A Trieste avete suonato spesso.
«L’anno scorso ci ho anche vissuto sei mesi. Secondo me è la città più bella e interessante che abbiamo in Friuli. Ci respiri un’aria che non c’è nel resto della Regione».
Avete girato il mondo. Concerti che ricordate?
«Nei grossi festival si lavora bene. Finora il mio posto preferito è stato la Jamaica, suonare nella terra da cui proviene questa cultura è un’emozione. Poi il Rototom. E mi piace suonare in Portogallo. Ma il bello è spostarsi spesso. In Francia, dove ora faremo 5 date, sono pieni di music hall con ottima acustica, il pubblico ha un’educazione diversa, se il concerto inizia alle 7, alle 7 ci sono tutti, in fila ordinata e a mezzanotte a dormire! C’è una cultura e un rispetto, un modo di approcciarsi al concerto che è completamente diverso dall’Italia».
Elisa Russo, Il Piccolo 26 Febbraio 2016