INTERVISTA OMAR PEDRINI al LOFT DI TRIESTE IL 14.12.18

Angelo ribelle copertina«In 25 anni di carriera, ricordo al massimo otto concerti tra i più belli e tra questi uno è con i Timoria al castello di San Giusto nei ’90 e un altro da solista qualche mese fa al Rifugio Gilberti di Sella Nevea per il No Borders, con 7 mila persone che cantavano nel silenzio, dove senti solo il respiro del mondo»: Omar Pedrini racconta il suo stretto legame con il Friuli Venezia Giulia. «Al liceo classico – continua lo “zio rock” – scrissi una tesina sulla Trieste di Svevo, ho ripercorso i luoghi in cui si incontrava con Joyce. Poi ho scoperto il vino della regione, il carattere delle persone, che comunicano tanto pur parlando poco e me ne sono innamorato. E poi Pasolini. Il mio amico fraterno Mauro Corona. Ma anche i fan, come le ragazze che mi portarono un regalo speciale: un sasso delle vostre terre». Nonostante i frequenti passaggi in regione, a Trieste non tiene un concerto dai tempi dei Timoria. Sarà la prima volta in città da solista, dunque, venerdì al Loft alle 21.30, in una serata in collaborazione con Satisfaction Rock’n’roll nite e le selezioni del dj Jack Rabbit Slim.

Pedrini, che spettacolo sarà?

«In duo elettro acustico, con il mio chitarrista presenterò un percorso che va dai Timoria ad oggi, con tante possibilità di improvvisare, includendo qualche autore che mi ha influenzato. Un concerto molto libero, senza scaletta. Includo anche qualche lettura di poesie. Potrei anche leggere qualche pagina dal mio libro. In più invito qualche amico, spero che ci sarà un artista delle vostre parti che stimo molto, The Leading Guy, mi ha promesso che faremo una canzone insieme».

È tempo di anniversari per i Timoria.

«Da poche settimane è uscito il cofanetto che celebra i 25 anni di “Viaggio senza vento” mi ha sorpreso vederlo quinto in classifica, in tanti hanno comprato questo lavoro che ho fatto con il cuore, ci ho lavorato parecchio e ho scovato anche qualche inedito da inserire. Pur essendo uno dei gruppi più importanti degli anni ’90, siamo gli unici che non hanno voluto fare una reunion ma forse proprio questo ha accresciuto l’amore e l’attenzione nei nostri confronti. Non me l’aspettavo di trovare così tanti fan che sono venuti ad abbracciarmi ed è stato bello rivedere in ogni data, uno dei miei ex compagni di band».

Due libri in poco tempo: un anno fa usciva “Cane Sciolto” (scritto con Federico Scarioni, edito da Chinaski) e in questi giorni “Angelo Ribelle” (La nave di Teseo).

«Il primo è il lavoro di un giornalista, non l’avevo scritto di mio pugno. È piaciuto molto, è ora alla terza edizione e ho capito che l’interesse c’è. Mi è arrivata la richiesta di una casa editrice prestigiosa, La nave di Teseo che fu fondata da Umberto Eco. Non potevo dire di no. Ho scelto la formula dei racconti brevi e mi sono messo a lavorare durante il tour. Ho scritto piano piano, ho potuto scavare a fondo e ne è uscito un libro intimo, autobiografico».

“Nasco incendiario ma voglio morire piromane”, scrive.

«Ci ho messo tutte le mie contraddizioni. Ho immaginato di parlare con mio figlio 24enne, Pablo. È un po’ un manuale del saper vivere ad uso delle nuove generazioni. Parlo di cultura come arma di difesa. O delle droghe e dei rischi connessi. Cerco di far capire ai giovani che i valori non sono la bella macchina e la bottiglia di champagne in discoteca. Ho avuto vent’anni, ho provato tutti gli eccessi immaginabili però non ho mai dubitato dei valori veri, a partire dalla famiglia. I ragazzi oggi hanno modelli inarrivabili, sono tutti “photoshoppati”. Voglio far capire che la cultura è un valore. Io amo le nuove generazioni e spero che parlando di me riesco a passare loro qualche dritta che li riguardi, spesso non hanno gli strumenti per decifrare la realtà, sono proiettati a velocità folle verso futuri iper tecnologici».

“Con la musica non sarai mai solo” le diceva sua nonna Nina.

«La musica è la protagonista, quella cosa meravigliosa di cui ci accorgiamo solo quando manca: il mondo sarebbe tristissimo senza».

Scrive anche “La credibilità è tutto”: lei l’ha conquistata.

«Non ho avuto un percorso facile, sono stato fermo discograficamente otto anni, che nel mio ambiente è un’eternità. Nel frattempo mi sono dedicato a altre passioni e le ho fatte diventare un lavoro: pittura, programmi radio e tv, teatro, cinema, colonne sonore. Però la mia sposa è la musica».

Altre cose per lei fondamentali: educazione e galateo.

«Anche un giovane rapper farebbe una bella figura facendo il baciamano a una donna e tenendole la portiera mentre esce dalla macchina, non è roba antica».

L’ultimo album è del 2017. Sta già pensando al prossimo?

«Ho una trentina di canzoni, di solito arrivo a cinquanta e da lì scegliamo le dieci che andranno sull’album. Ci sto lavorando e ho già il mio manager che comincia a bussare alla mia porta. Dopo un lungo tour mi piacerebbe portare in giro per un mese almeno anche “Viaggio senza vento”. Le proposte non mancano, starà a me decidere che direzione dare al 2019».

Elisa Russo, Il Piccolo 13 Dicembre 2018

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