C’è grande attesa per «Hermann», nuovo album di Paolo Benvegnù in uscita il 18 Febbraio (La Pioggia Dischi/Venus). Il disco è stato realizzato allo studio Jork di Villa Decani (Capodistria) a pochi chilometri da Trieste: il gruppo toscano è finito da queste parti grazie ad un consiglio del produttore e musicista sloveno Andrea Flego. Lo studio, gestito dal musicista rock-jazz Jadran Ogrin (assieme al figlio Gabriel), è attivo dal 1991 ed è stato progettato dall’inglese Andy Munro.
«Siamo venuti qua perché è un posto bellissimo» spiega Benvegnù. «Ci siamo trovati bene con Jadran, ci siamo trovati benissimo anche in Slovenia. A me sembra di poter percepire, per quanto la nostra sia una condizione molto rarefatta (non vivendoci), che qui ancora la vita non sia corrotta come in Italia. O quanto meno sembra ci siano dei valori più semplici. E noi siamo persone semplici. Mi piace come sono spartani i bar, i ristoranti, le persone, i giornali, i mercatini… è molto più formativo rispetto al centro commerciale italiano».
Ribatte Jadran: «Sono ragazzi fantastici, tranquilli e con tanta voglia di lavorare. Hanno fatto un gran disco con bellissime parole».
La curiosità dei fan è stata stuzzicata dalla scelta dei Benvegnù (ovvero Paolo ed il suo team di lavoro: i musicisti Guglielmo Ridolfo Gagliano, Andrea Franchi, Luca Baldini, Igor Cardeti, Simon Chiappelli, Filippo Brilli, il sound-engineer Michele Pazzaglia, Luca Bedini di Cyc Promotions) di documentare le varie fasi della registrazione attraverso internet (Facebook ed il blog appositamente creatowww.paolobenvegnu.com/blog): un diario di bordo, live streaming, video, foto, riflessioni.
Dopo lo scioglimento degli Scisma, Benvegnù ha intrapreso la carriera solista e collaborato con Marco Parente, David Riondino, Irene Grandi e Stefano Bollani. Ad inizio 2009 ha partecipato al progetto «Il Paese è Reale», voluto da Manuel Agnelli degli Afterhours; nel 2010 Mina ha incluso una cover di «Io e te» di Benvegnù nel suo album «Caramella».
Presto Benvegnù lavorerà alla produzione dei monfalconesi Jade:
«Mi piace tantissimo Trieste, tra qualche mese sarò lì a lavorare con i Jade. Per me è un onore essere stato chiamato da loro. Sono un gruppo fantastico e non hanno bisogno di me! Hanno già una comprensione estrema, una sensibilità estrema, un sentire bellissimo».
Conosce altre band della nostra zona?
«Negli ultimi tre anni ho perso i contatti con i gruppi più “piccini” perché ho avuto una vita un po’ travagliata ma in senso bello: non riesco più a uscire la sera perché sto studiando. Ho fatto un lavoro grosso sul mito, sono partito dalla mitologia greca, poi ho letto anche la Bibbia… Mi sono soffermato sul rapporto tra Perseo e Andromeda, per vedere attraverso gli occhi di Andromeda la storia dell’uomo. Da lì mi sono collegato a Moby Dick di Melville. Ho trovato un sacco di collegamenti tra i capisaldi della letteratura occidentale e mi sono divertito a tirare questi fili. Dell’amore ho parlato tanto e lo conosco. Allora per questo disco ho voluto pensare al miracolo assoluto che siamo in ogni istante senza che ce ne rendiamo conto».
Con che spirito avete lavorato?
«Mi sento come se avessi iniziato ieri, ed è una cosa che mi piace molto, è un grande stimolo. Ho scoperto che ci si diverte veramente a fare una cosa quando la si maneggia con cura, perciò oltre all’amore ci vuole anche la meccanica. Finora, per quanto riguarda lo scrivere ho avuto tanto rispetto, per quanto riguarda suonare e cantare ne ho avuto molto meno. Devo trovare l’equilibrio e devo lavorare molto».
Ci saranno differenze in questo disco?
«Nel mio modo di cantare. Sembro un Johnny Dorelli con dieci sigarette in bocca! Johnny Dorelli senza Gloria Guida, un po’ perso!».
I vostri fan sono molto fedeli.
«Sento questo calore, è proprio per questo che studio. Il fatto che qualcuno possa guardare a noi come ad una prospettiva da seguire è un privilegio assoluto ed è anche una cosa che mette responsabilità. Mi riempie di stupore perché io mi conosco, mi vedo ogni giorno e mi trovo insopportabile. Una cosa che dobbiamo fare adesso è migliorarci. Perché penso che uno scrittore, un musicista, un pittore non debba perdere il senso bambino della scoperta. Quello è anche il senso della vita, aldilà della creatività. Pensavo di non avere niente da dire quando ho iniziato a lavorare a questo disco, in realtà ne ho trovate tantissime di cose da dire. Un sacco di orizzonti inesplorati. Bisogna avere molta concentrazione nel quotidiano, perché tutto ci parla».
Elisa Russo, Il Piccolo 30 Dicembre 2010