«Dopo trent’anni di pittura ho deciso di aprirmi anche a qualcosa di diverso, prima il teatro con “Troppo Triestini” e ora la musica: ecco “Atlas of the lost islands”, il primo cd a nome musicaeletrica – pseudonimo che uso da vent’anni per firmare i miei lavori musicali – realizzato con veri musicisti e un
sacco di bravi cantanti, un progetto ambizioso che riunisce sia spunti musicali figli delle mie prime sperimentazioni a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta che molte nuove composizioni». Chi segue l’attività di Paolo Pascutto come pittore (che spazia «da un surrealismo di ispirazione magrittiana ad un realismo straniato, per alcuni aspetti vicino alle opere di Charles Sheeler e di Edward Hopper») sa che i suoi vernissage diventano sempre dei piccoli eventi, dove parole e musica vengono utilizzati per ampliare il significato delle opere esposte. «La cosa curiosa è che questa volta ho organizzato la mostra “Atlante delle isole perdute” per promuovere il disco “Atlas of the lost islands” e non viceversa»: Pascutto si riferisce all’appuntamento di sabato alle 18 alla galleria d’arte Rettori Tribbio di Piazza Vecchia, dove verrà presentato il suo primo cd, frutto di due anni di lavoro in collaborazione con Massimiliano Maxino Cernecca, con la partecipazione di cantanti e musicisti di grande talento. La mostra sarà visibile fino al 30 novembre e comprende 23 opere sia di grafica digitale che di pittura in acrilico tradizionale (alcune compaiono anche nel booklet del cd), al vernissage si alterneranno le voci di Barbara Stefani, Elisa Bombacigno e Maxino che eseguiranno dal vivo alcuni brani contenuti nell’album.
Nelle dieci canzoni del disco, oltre ai tre citati, compaiono le voci di Edward Funkhouser, Flavio Furian, Joy Jenkins, Cæ Lys, Raffaele Prestinenzi, Andrea Scarcia, le chitarre di Marco Poznajelsek e il sax di Angelo Chiocca.
“Atlas of the lost islands” è un viaggio nel tempo, tra pop elettronico e sapori rock, che racconta il passaggio dall’adolescenza all’età adulta con alcune inevitabili deviazioni in mondi fantastici e visionari: «Sono canzoni autobiografiche che mi raccontano – spiega l’autore – per esempio, da carsolino, racconto la fuga dalla città. C’è un filo conduttore che mette insieme periodi e stili diversi, in più c’è il tema della fantascienza che è una mia passione (in un pezzo cito Ballard)». «Anche se lo sanno in pochi – riprende – la musica è stato il mio punto di partenza a fine anni ‘80, ho cominciato a strimpellare, programmare, lavorare con il computer ancor prima di dipingere. Poi è rimasta un mio “piacere segreto”, suonando al massimo in qualche cantina di San Giacomo, o qualche volta ho suonato con altri musicisti alle mie esposizioni. Negli anni, però, ho accumulato tantissimo materiale, un atlante del passato, così ho deciso di riprendere seriamente alcune di queste musiche composte negli ultimi trent’anni, rimaneggiate in forma canzone. All’inizio ho abusato della pazienza di Maxino, poi con il tempo sono diventato sempre più autonomo nella scrittura, a quel punto abbiamo coinvolto una serie di cantanti e musicisti: avevo un po’ l’idea di un disco alla Alan Parsons, in cui voci diverse si alternano».
Elisa Russo, Il Piccolo 15 Novembre 2018