Un indie pop che ha cominciato a conquistare i grandi numeri (più di 20 milioni di streaming) con l’ultimo album “Fuori dall’hype” (Sony), quello dei Pinguini Tattici Nucleari. La band di Bergamo, preceduta dai veneziani Rumatera (punk rock e testi in dialetto) è in concerto mercoledì alle 20.30 all’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro.
“Tactical Nuclear Penguin” era una birra artigianale superalcolica prodotta in Inghilterra in edizione limitata a cui la band si è ispirata per darsi un nome nel 2012 «A un certo punto subentra un po’ la vergogna per il nome – racconta il cantante Riccardo Zanotti – ma gli vuoi bene come a un tatuaggetto sbilenco, fatto a caso in vacanza, sul porto di una città croata da un tizio mezzo ubriaco che poi lo riguardi e dici “però è un bel ricordo”. Può creare qualche scompenso perché non aiuta a inquadrare la nostra musica, ma se una persona evita di ascoltarci solo per il nome… bhè forse meglio così».
In fondo eravate molto giovani quando l’avete scelto.
«Abbiamo una media di 25 anni nella band, siamo in giro da diversi anni, abbiamo incominciato che eravamo proprio dei ragazzini, quindi il nostro nome gira da quando ne avevamo 19 ed è stato masticato e digerito da tanti promoter, addetti ai lavori e pubblico».
Siete già al quarto disco, il primo a uscire per la Sony.
«Un passaggio molto ragionato, ci abbiamo messo un anno di incontri (mai scontri), si mettevano tante idee sul tavolo e si ragionava assieme, la Sony è stata molto paziente da questo punto di vista, abbiamo trovato un team di persone che lavoravano per noi e ci hanno aiutato tanto nel nostro percorso e ci hanno tolto molte preoccupazioni che covavamo dentro di noi».
“Fuori dall’hype”: vi facevano paura le aspettative attorno a voi?
«In parte sì. Ma ci fa paura anche l’idea che riuscire a soddisfare queste aspettative non sempre ti porta a costruire una carriera duratura, costante e coerente. A volte, anche se riesci a soddisfare questi “mostri” il mese dopo cercheranno qualcos’altro da poter sfruttare e sciupare velocemente. La nostra idea di music business è diversa, quindi “fuori dall’hype” è una dichiarazione d’intenti».
Cioè?
«Voi fate la vostra autostrada e andate molto veloci, anche fin troppo rischiando di schiantarvi, noi arriveremo nello stesso posto però usando una statale, sicura, dove ci godremo anche un gran bel panorama. L’hype dura molto poco, è come un fast food, non è quello che piace a noi».
L’album è uscito anche in vinile. Una collezione di vinili veniva citata nel vostro successo “Irene”. Il rapporto con questo supporto “antico”?
«Sono oggetti che mi piacciono molto, anche solo da vedere. Il nostro secondo chitarrista ne ha una collezione immensa, li ascolta dalla mattina alla sera. Il nostro pubblico ce li chiedeva e allora abbiamo deciso di farlo, anche se non è redditizio: costa molto realizzarlo e non così tante persone lo comprano, ma è una cosa in più e ci fa piacere averlo. È un oggetto che dura nel tempo».
Il concerto?
«L’abbiamo preparato con cura, abbiamo provato tanto per allestire un tour che fosse diverso dai precedenti, ci sono più costumi, sketch, forse prima eravamo più impacciati, adesso abbiamo il controllo di tutto, dai visual ai suoni, alle luci e i volumi, ogni minimo dettaglio. Se fossi uno spettatore sarei contento di vedere un live del genere».
Di cosa parla “La banalità del mare”?
«Scritto in inverno, quando aneli il mare e la stagione estiva. Un inno alla leggerezza: ogni tanto è giusto non pensare alle cose serie, lasciarsi andare, essere stupidi»
Oggi un musicista deve comunicare a 360 gradi. Voi inventate tante iniziative simpatiche (ad esempio l’adozione di un pinguino, in collaborazione con il WWF). È faticoso?
«A volte è complicato, ci si perde un po’ di tempo. Per noi è centrale l’originalità, non proporre cose trite e ritrite. Sui social cerchiamo sempre di fare qualcosa di nuovo e irriverente, che faccia ridere ma abbia un significato dietro».
Siete comparsi nel tributo a De André “Faber Nostrum”. Tra i colleghi della compilation chi vi piace?
«Lì ho scoperto The Leading Guy. Siamo legati con Gazzelle, con cui abbiamo condiviso il percorso. Al di là della compilation mi piace Calcutta, La Rappresentante di Lista, gli Eugenio in Via di Gioia».
Si è cimentato anche con una cover del trapper Ghali.
«”Ninna nanna”, “Happy days”… ha fatto tanti bei singoli, il mondo del rap ha tanto da dare, con Salmo, Tedua, Franco 126».
Vi vedremo mai a Sanremo?
«Ci sono piaciute molto le ultime due edizioni, abbiamo visto un cambiamento e un’apertura al mondo dell’indie, non lo escludo, sarebbe bello ma per ora non ci abbiamo pensato».
Elisa Russo, Il Piccolo 4 Agosto 2019