Intervista RICK PEROVICH BAND al Loft di Trieste il 2.3.18

Venerdì il triestino Rick Perovich festeggia l’uscita del suo nuovo disco «Joy» (Blue Tatoo Music) con un concerto al Loft di Via Economo 12/1. Il release party sarà presentato da Igor Damilano di Radio Punto Zero; alle 22 aprono la serata i Blue Cheese, formazione rock blues capitanata dal chitarrista Matteo Zecchini. Rick Perovich – che ha partecipato anche alla colonna sonora di «W gli sposi», ultimo film con Paolo Villaggio – ha militato in diverse apprezzate rock band (Bad Mother Funkers, Zeronovemilligrammi, New Killer Stars…) finché il ruolo ha cominciato a stargli stretto: «Ho fatto il bassista per tanti anni – spiega – e mi sono trovato in situazioni difficili da gestire, ho avuto spesso problemi con i cantanti, che magari abbandonavano il progetto proprio quando si cominciava a fare sul serio. Cinque anni fa ho deciso di cambiare. Mi sono messo a studiare canto e sono tornato al mio primo amore, la chitarra. E sono passato al centro del palco». È così che il polistrumentista triestino diventa frontman, compositore, voce e chitarra del progetto che porta il suo nome. Oggi lo accompagnano: il monfalconese Michele Cuzziol alla batteria, i veneti Paolo Pizzol al basso e cori e Francesco Zanin alle chitarre.

Dopo un ep di qualche anno fa, «Soul Salvation», venerdì esce il primo album ufficiale, anticipato a ottobre dal singolo «Olympia», programmato su 45 radio nazionali per un totale di più di 300 passaggi. Il produttore del disco è Pietro Foresti (“Premio Produttore rock dell’anno” al Mei 2016, nominato ai Music Awards, ha lavorato con Tracii Guns, Skunk Anansie, Asian Dub Foundation ed è stato anche il fautore del tormentone “Tre Parole”, cantato dalla moglie Valeria Rossi): «Il suo apporto è stato sulla parte audio, mixaggio, masterizzazione, effettistica… ha portato il suo gusto internazionale. L’ho conosciuto attraverso una band con cui abbiamo lavorato entrambi, i Down To Ground, che erano entrati nella scuderia della Blue Tatoo». Del titolo del disco, «Joy», Perovich racconta: «Gioia è il nome di mia figlia e, coincidenza, venerdì è anche il suo quinto compleanno. Ho scelto quel titolo anche perché voglio dare un senso di positività: nel rock non mi piacciono i messaggi negativi, certo mi va bene ci sia qualcosa che dà da pensare, ma in modo costruttivo». «Joy» è stato realizzato in tre studi diversi: l’Henry Stills di Andrea Rigonat (Elisa), il Fandango di Andrea Bondel e il Track Terminal di Francesco Bardaro: «La gestazione è stata lunga, anche per i vari cambi di formazione. Nel frattempo, Rigonat mi ha messo in contatto con Jimmy Solari, vocal coach americano che vive in Italia (ha collaborato anche con Elisa): abbiamo lavorato sulla pronuncia inglese e mi ha dato consigli sui testi, su alcune frasi e modi di dire. Alla fine Foresti ha preso tutto il materiale registrato nei tre studi e l’ha mixato al Rock Star Recording Studio di Grosseto». La maggior parte dei professionisti coinvolti nella realizzazione di «Joy» non sono triestini, ma è un puro caso, Perovich conclude dicendo: «Girando il nord Italia posso dire che non c’è una città che abbia la scena musicale come quella triestina, abbiamo un sacco di gruppi con personalità e bravura, nonostante le poche possibilità di esibizione. Un difetto del triestino è che ha difficoltà a staccarsi dalla sua città, resta sempre “dentro” e talvolta ama un po’ crogiolarsi in questa cosa. Ed è un peccato perché ci sono artisti che potrebbero ambire alla scena internazionale».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 1 Marzo 2018

Perovich

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