È uscito il nuovo disco di Stop the Wheel, il progetto solista di Francesco Candura. Nato a Catania ma triestino d’adozione, Candura è stato – fino a dicembre scorso – il bassista dei Jennifer Gentle (su Sub Pop Records, Seattle), con i quali ha registrato e suonato in tre continenti. È stato anche fondatore dei Cecil Demile, e collabora con Rivulets (Bloomington, USA) nei suoi recenti tour europei. Ha composto ed eseguito musiche per opere teatrali e radiodrammi. Dal 2005 porta avanti Stop The Wheel (il nome deriva da una canzone di Gemma Hayes): alle spalle tour in Italia e all’estero ed una sessione live alla BBC a Manchester. Dopo un paio di EP ed il primo album «Morning», ora esce «The Preacher» (Stoutmusic/Madcap Collective). È stato registrato all’Ectoplasmic Garden da Marco Fasolo, usando tecniche risalenti a svariati decenni fa, interamente in analogico ed in monofonia, perché le canzoni, seppur moderne, richiedevano quell’approccio semplice e magico. Ospiti speciali nel disco sono Chiara Gelmini alla voce, Vittorio Demarin (Father Murphy, Gomma Workshop) agli archi, il Coupland Brass Quintet (Manchester, UK) agli ottoni, e Loren Chasse (Jeweled Antler Collective, San Francisco). L’artwork è di Lapis Niger (Uochi Toki). «Suonare da solo è come essere un guerriero contro un esercito. – spiega Candura -. Ma le serate che vanno bene sono impagabili».
Come è nata l’idea di far uscire l’album solo su vinile?
«Da quando ho cominciato a lavorare all’Ectoplasmic Garden, lo studio dei Jennifer Gentle, mi sono appassionato ai suoni anni ’50, a come suonavano ad esempio i dischi di Elvis. Avevano tecniche primitive, ma un suono caldo. Ho voluto registrare il disco in questa maniera. Come me, Marco Fasolo dei Jennifer adora quelle atmosfere, così l’ho coinvolto. Il disco sembra vecchissimo, per questo l’abbiamo stampato solo su vinile. Ma poi sarà disponibile anche in formato mp3».
Chi altro ha partecipato alla realizzazione?
«Io ho suonato diversi strumenti, poi ho coinvolto la mia cantante preferita: Chiara Gelmini, che ha fatto quattro canzoni bellissime in cui le nostre voci si intrecciano in stile Everly Brothers. Poi Vittorio Demarin agli archi. E un genio come Loren Chasse che va in giro con un microfono a registrare i suoni della natura. La grafica l’ho affidata al miglior disegnatore che conosco: Lapis Niger che ha creato un mondo incredibile in due disegni, fronte e retro della copertina».
La formazione live?
«Mi accompagnano Adriano Cecchia voce e batteria, Massimo Tunin voce e tromba. Cantiamo in tre».
Cosa le piace della musica italiana?
«Oltre agli artisti Madcap, Il Teatro degli Orrori – specie dal vivo -, Le Luci della Centrale Elettrica, i Chewingum, Zen Circus, Cazzurillo, i Blake/e/e/e gruppo per metà americano e per metà italiano (Franklin Delano). Della scena triestina: Harriman, Trabant, Abba Zabba, The Electric Freaktones».
Prossimi progetti?
«Saremo in tour da giugno. E poi la Madcap ha deciso di realizzare una compilation dove ognuno deve estrarre a sorte il nome di un altro artista dell’etichetta e coverizzarlo, a me è capitato Gomma Workshop».
Com’è il rapporto con la Madcap?
«Li adoro, le loro produzioni hanno sempre qualcosa di particolare, hanno attitudine, ti colpiscono (basta pensare a Beatrice Antolini…)».
Elisa Russo, Il Piccolo 07 Maggio 2008