Venerdì alle 21.30 i Tuxedomoon, storico gruppo sperimentale di matrice postpunk/new wave, sono in concerto al Teatro Miela. Formatisi nel 1977, assieme a The Residents, Chrome e MX-80 Sound, i Tuxedomoon erano parte del cosiddetto “quadrato di San Francisco”. Sempre presenti sulla scena dell’avanguardia, in questi quarant’anni hanno lavorato, come band o separatamente, ad almeno 100 album, spaziando nelle loro collaborazioni tra musica, teatro, cinema, danza, letteratura. Oggi utilizzano pienamente le loro mature visioni e capacità strumentali per tessere un originalissimo tappeto musicale con sorprendente varietà di stili e influenze. Cantano nelle lingue dei molti paesi che hanno visitato o dove hanno vissuto (inglese, greco, italiano, spagnolo) con l’obiettivo di una musica globale e raffinata. La serata, organizzata da Bonawentura, porta il marchio “Sound&Vision”: contaminazioni tra immagine, luce e suono, musica live e dancefloor, high e pop culture che troveranno spazio anche nella zona bar del Miela prima del concerto (dalle 19.30) e dopo (dalle 23.30 circa).
Il fondatore dei Tuxedomoon, Blaine L. Reininger (voce, chitarra, violino, tastiere) ricorda il loro speciale rapporto con l’Italia: «Suonammo per la prima volta a Bologna, nel 1980 – era il giorno dopo l’assassinio di John Lennon. Fummo stupiti dall’accoglienza ricevuta e ci innamorammo del vostro Paese. Negli anni ci siamo tornati spesso, intrecciando una lunga storia con luoghi e persone che continua tuttora. E speriamo che continui sempre».
Sarà il vostro primo concerto a Trieste?
«Esatto. Però, di passaggio, ci siamo fermati a Trieste molte volte. Abbiamo suonato spesso a Fiume».
Che concerto portate?
«Quest’anno, per il 36esimo anniversario dall’uscita del nostro primo lp “Half Mute”, suoniamo l’album per intero in giro per l’Europa. La scaletta si completa con altri classici del nostro repertorio. Siamo nella line-up originale: io, Steven Brown e Peter Principle, a cui si aggiunge Luc van Lieshout, con noi dal 1983. Inoltre c’è la parte video curata da David Haneke, figlio del famoso regista Michael, che lavora con noi dalla morte del videoartista e membro co-fondatore Bruce Geduldig, venuto a mancare a marzo».
Il pubblico come reagirà a questo show?
«Speriamo che quelli che già conoscono le canzoni siano coinvolti e ricordino le emozioni che hanno accompagnato le loro vite in questi anni, e quelli che invece scoprono oggi questi brani li usino per filtrare le emozioni, pensieri ed esperienze che stanno vivendo ora e che vivranno nel futuro».
In passato avete dichiarato di essere fuggiti dagli Usa di Reagan; come vedete la recente vittoria di Donald Trump?
«Come molti di noi, siamo sconvolti dall’elezione di Trump. Mi viene da citare le parole di Leonard Cohen in “Everybody Knows”: “Everybody’s got this broken feeling. Like their father or their dog just died” (un riferimento ad un cuore a pezzi dopo un lutto ndr)».
I Tuxedomoon mescolano musica, teatro, film… Cos’altro attrae la vostra attenzione oggi?
«Mi piacciono molto le nuove serie tv americane, sono il nuovo cinema. E poi utilizzo molto internet».
L’ultima uscita discografica risale ad un anno fa, con “Blue Velvet Revisited”. Di cosa si tratta?
«Nel 1985, un giovane film-maker tedesco, Peter Braatz, fu invitato da David Lynch a Wilmington, North Carolina, per documentare il making of del suo nuovo film. Nei due mesi seguenti a Peter fu dato libero accesso al set, agli attori, al regista e alla sua crew, collezionando ore di riprese dietro le quinte, interviste e foto. Il risultato è il film “No Frank In Lumberton” del 1988, distribuito in maniera abbastanza limitata. Il 70% del girato non fu mai usato. Finora. Ricco di scene inedite, “Blue Velvet Revisited” offre uno sguardo intimo in uno dei più grandi film degli anni ‘80 (girato da uno dei più grandi registi di sempre). Descritto da Braatz come “una meditazione su un film”, il lavoro esplora ogni dettaglio del mondo di Lynch attraverso una combinazione di montaggio mozzafiato, interviste e suoni presi dal set, il tutto convogliato in un’incredibile colonna sonora composta e realizzata dai Cult With No Name, Tuxedomoon e John Foxx, per la Crammed Discs».
Qual è stata la parte più difficile del vostro cammino?
«La più dura è stata perdere delle persone care: mia moglie JJ, Martine Jawerbaum (moglie di Luc van Lieshout), nostro fratello Bruce Geduldig (a cui dedichiamo questo concerto e questo tour) e sua moglie Bernadette».
E quella più bella?
«La parte migliore sta ancora succedendo».
Elisa Russo, Il Piccolo 22 Novembre 2016