intervista VANESSA PETERS al Miela il 26.04.19

La terza giornata del Trieste Calling The Boss comincia già alle 16.30 con un incontro alla Sala Bazlen del Palazzo Gopcevich, protagonista Maurizio Faulisi in arte Dr. Feelgood, voce di Virgin Radio. Dalle 20.30 sarà il Teatro Miela a ospitare i concerti: il cantautorato dell’americana Vanessa Peters, il rock blues dei Bound For Glory e l’irish folk rock di Uncle Bard & The Dirty Bastards.

Artista libera che ama definirsi una “zingara errante”, Vanessa Peters porta con sé un folk genuino di altri tempi, arricchito di sonorità country, melodie indie e incursioni rock. Affonda le sue radici nel profondo Texas, culla del country, dove è nata nel 1980. Il suo nuovo album l’ha portata a suonare oltre 1000 concerti in 11 paesi e ad essere candidata come “Best folk artist” dal Dallas Observer. Forte è il suo legame con l’Italia: «Mi ha proprio cambiato la vita…. mi piace un sacco stare qui – dice –. Certo che è frustrante delle volte (come dicono tutti “la burocrazia ci ammazza”) ma io trovo che la qualità della vita sia alta, rispetto a Dallas, nel Texas dove sono nata e tornata nel 2009 dopo un lungo periodo in Italia. C’è bellezza dappertutto, dal nord al sud, cibo eccellente, gente calda, una lingua bellissima… è un paese davvero speciale, almeno lo è per me. Ho imparato un po’ la lingua e ho potuto collaborare con dei musicisti italiani. La mia band precedente – Manuel Schicchi, Juri de Luca e Alberto Serafini – sono dalla Toscana e adesso suono con tre musicisti romani – Federico Ciancabilla, Andrea Colicchia e Matteo Patrone – e sono davvero fortunata di conoscerli tutti quanti».

A Trieste ha già suonato diversi anni fa. Ricordi?

«È una città bellissima. Ho suonato al Tetris 2-3 volte, e forse anche in un altro locale… mi è sempre piaciuto camminare lungo il mare o in giro per la città. Ho dei bei ricordi di una serata in particolare al Tetris in cui ho suonato con Schicchi e abbiamo venduto tutto… tanto pubblico, una bellissima serata. E ho un ricordo nitido della bora. Pensavo saremmo volati via».

Al Miela per la prima volta. Che spettacolo?

«In duo con Ciancabilla. Suoneremo soprattutto pezzi dell’ultimo album “Foxhole Prayers”, ma anche qualcosa di più vecchio. E magari una cover di Bruce».

È una fan di Springsteen?

«E chi non lo è?».

“Foxhole Prayers” contiene anche una critica a Trump.

«Come tanti cantautori scrivo spesso di cuori infranti e temi personali, ma questa volta sentivo che il mondo brucia attorno a noi e non me la sono sentita di scrivere solo delle mie “tragedie” o della mia tristezza. Sono canzoni universali, perché tutta la società affronta le stesse sfide. Non è un album leggero, però è onesto e sincero, e credo che questa sia la cosa più importante. Ne sono orgogliosa, abbiamo lavorato duro, dalla produzione all’incredibile artwork, agli arrangiamenti e devo molto a tutti i musicisti che hanno collaborato, specialmente il produttore Rip Rowan che è anche mio marito… Volevamo creare un’opera d’arte, che si possa tenere tra le mani e leggere/studiare come un libro, che abbia ancora senso tra 10 o 30 anni».

“Sono paralizzata dalle scelte che ho fatto” canta. Cosa rimpiange?
«Potrei scrivere un libro intero sulle cose di cui ho rimpianti. Ci sono persone che sono brave a lasciare il passato alla porta – io no, me lo porto sempre con me, e siccome faccio fatica – parecchia – a prendere le decisioni importanti, delle volte faccio male sia a me che a quelli intorno a me, perché invece di togliere il cerotto velocemente, lo tolgo piano piano, che fa male uguale e fa perdere tempo e basta».

A un certo punto poteva diventare una scrittrice ma ha scelto la musica. Scrivere canzoni le viene facile?

«Sì e no. Quasi sempre scrivo prima i testi, le parole possono arrivare velocemente ma la musica ci mette più tempo. Poi per lunghi periodi non scrivo nulla e lascio solo le idee fermentare nella mia mente».

Ha dichiarato che essere musicisti indipendenti e sopravvivere in era digitale è difficile.

«Nessuno si rende conto quanto lavoriamo per fare un album e per organizzare tournée, e quanto poco rientro c’è alla fine. Non per lamentarsi – per carità, è un lavoro bellissimo – ma è davvero difficile farsi conoscere, ed io speravo, 15 anni fa quando ho cominciato, di arrivare a questa età a un punto un po’ più stabile. Ma si va avanti, sempre con l’ottimismo che serve in questa mestiere».

Prossimi impegni?

«Stiamo lavorando su un album di cover, giusto per divertimento mentre scrivo il prossimo album. Spero di suonare parecchio quest’anno, perché l’album è ancora nuovo, e secondo me merita una bella tournée, spero con tutta la band».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 26 Aprile 2019

Vanessa Peters

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