«Ho attraversato varie fasi ma il fil rouge è un atteggiamento un po’ fotografico. Quando sono impressionata da una luce, o dal tratto di una persona, o dalla qualità di una relazione, letteralmente scatta qualcosa. E in questo processo di “stampa”, oltre alla musica sono determinanti le parole e il tentativo di disordinarle. Forse a causa di questa convivenza di linguaggi “estranei”, devo ammettere che ancora non riesco ad ambientarmi in un unico genere musicale»: è difficile incasellare il talento della cantautrice triestina Irene Brigitte, classe ’89, sin da giovanissima attiva nella scena musicale locale e attualmente impegnata a completare la sua formazione in Portogallo. «Sono arrivata a Porto a settembre grazie al Conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza per continuare lo studio di canto barocco – racconta – e si sta rivelando un’esperienza davvero preziosa. Il dipartimento di musica antica dell’Esmae (Escola Superior de Música e Artes do Espetáculo) è davvero stimolante, i professori sono molto competenti e i colleghi collaborativi. La struttura è accessibile 24 ore/sette giorni su sette, naturalmente prima del Covid 19. In questo momento non si esce, ma per fortuna abito in una casa accogliente dove a Pasqua sono state molto apprezzate le pinze secondo ricetta istriana». «Sono nata in una casa dove ci sono sempre stati diversi strumenti musicali con cui giocare – ricorda – grazie alla curiosità di mio padre», il debutto live avviene con la rock band Watashiwa Cactus, continua poi a esplorare la voce sia attraverso le intense melodie greche con il chitarrista Giovanni Settimo sia nella sperimentazione assieme al pittore-performer Piero Ramella. «Un giorno, ascoltando Radio3, ho sentito un’aria barocca di Barbara Strozzi, è stato amore a primo ascolto – riprende -. Come compositrice ho sempre scritto canzoni in maniera spontanea ma è stata una bella sfida scrivere per gli altri, come è successo con il cortometraggio di Laura Samani “La santa che dorme”, arrivato fino al Festival di Cannes». Nel suo repertorio ha anche brani in dialetto: «È stato liberatorio. Quando ho scoperto la poesia di Virgilio Giotti è stata una rivoluzione per me, perché univa quella schiettezza tipica del nostro dialetto a un’intimità che a volte non trova parole, e quindi il primo passo è stato musicare i suoi versi (di pubblicato c’è “In riva”). Poi è arrivato Toni Bruna. In quella miscela di suoni/parole decisamente locali e atmosfere di altri luoghi, ho trovato lo slancio per scrivere io stessa in triestino, come è successo con “Menta”». Ad aprile avrebbe dovuto essere al Miela al concerto per Giulio (se possibile sarà recuperato in autunno), a Regeni ha dedicato anche una canzone: «Faccio parte del collettivo Withgiulio; dallo scorso anno collaboriamo anche con la Cooperativa Bonawentura per un concerto. Riguardo alla canzone, quando sono venuta a conoscenza di ciò che era successo sono stata male, ma quando ho letto del perché Giulio fosse in Egitto è scattato qualcosa. La canzone è per tutti i Giulio che hanno il coraggio di studiare e tentare di leggere il mondo. La canzone è per tutti i Regeni che portano qualcosa di giallo e lottano perché si sappia la verità e la giustizia. La dedico a loro». In questi giorni la radio portoghese Gig Club l’ha ospitata per un live da casa per il ciclo Play it Safe, tra i prossimi progetti c’è «La ricerca e la sua condivisione. Ad esempio, all’interno di un’iniziativa dell’Esmae che celebra il 25 aprile (in Portogallo è il giorno della Rivoluzione dei Garofani) ho realizzato un video in cui introduco lo studio musicale che sto conducendo. Ma sto anche lavorando all’arrangiamento di alcuni miei brani, in modo da essere pronta a registrarli quando l’emergenza sarà terminata». Da lontano, un pensiero alla sua Trieste: «La mia visione si limita a quello che mi arriva dai social e quello che noto è un tentativo di alzare la qualità di ciò che viene proposto. Almeno è quello che sembra di cogliere dando un’occhiata al sito Music Video Trieste curato da Giuseppe Vergara. In questo senso trovo molto fertili i contesti che uniscono varie competenze creative, come fanno ad esempio Mold records e Yeah».
Elisa Russo, Il Piccolo 9 Maggio 2020