Sono le 20.53 quando in Piazza Unità parte “Doctor doctor” degli Ufo… Alle 20.57 riecheggia una voce imponente. Non è quella del cantante degli Iron Maiden, Bruce Dickinson, bensì quella di Winston Churchill. Il discorso dello statista britannico introduce il brano «Aces high»; alla frase di Churchill “Non ci arrenderemo” i Maiden attaccano il glorioso brano contenuto in “Powerslave”, l’album del 1984. Un enorme aereo a elica della Raf compare sul palco, lo stage richiama una zona di guerra con le trincee e uno sfondo con il cielo dipinto, le luci si accendono e rivelano la scenografia in tutto il suo splendore solo quando Dickinson – in grande forma – comincia a cantare, dando prova di tutta la sua estensione vocale; in testa il cappello da aviatore, lui che è davvero un pilota di linea (ma durante lo show di abiti ne cambierà diversi). Un boato di dieci mila presenti.
Dal momento che li vidi salire sul palco, seppi che sarei diventato il loro cantante»: così Dickinson nella sua biografia racconta quel momento in cui, negli anni ’80, era solo uno spettatore dei Maiden. Unico membro del nucleo originale, dal 1975, rimane oggi il fondatore Steve Harris al basso, cori, tastiere. Completano la formazione Dave Murray (alla chitarra dal 1976), Adrian Smith (alla chitarra e cori dal 1980 al 1990 e poi dal 1999), Janick Gers (alla chitarra dal 1990) e Nicko McBrain (alla batteria dal 1986): precisi, impeccabili, potenti. Questo “Legacy Of The Beast European Tour” è un regalo ai fan, con ampio spazio ai successi del passato. Non poteva esserci inizio migliore, con la folla che canta il primo pezzo (con tanto di acuti). Il concept del tour è quello dell’omonimo videogioco (e il fumetto da esso tratto): gli Iron Maiden si spostano fra vari mondi, ovvero tra diverse scenografie ispirate ai loro album degli anni Ottanta.
La scaletta va via senza un calo di tensione: «Where eagles dare» da “Piece of Mind” del 1983. «Scream for me Trieste!» urla Bruce ed è un tripudio di mani alzate al cielo, «2 minutes to midnight» di nuovo da “Powerslave”, «The clansman» del 1998 introdotta da un discorso di Dickinson sulla bellezza di Trieste, le buone vibrazioni sprigionate dalla piazza e l’importanza di combattere per ciò in cui si crede e lo fa con tanto di spada in mano, arriva il mostro Eddie per “The Trooper» e il frontman tira fuori la bandiera italiana, lo sfondo diventa la vetrata di una chiesa per «Revelations» e Bruce incita di nuovo Trieste, più recente «For the greater good of God» del 2006, «The wicker man» del 2000, «Sign of the cross» da “The x Factor” del 1995, una chicca che non facevano dal vivo da parecchio. «Flight of Icarus» ancora da “Piece of Mind”, «Fear of the dark» del 1992, «The number of the Beast» dall’omonimo disco del 1982, «Iron Maiden» dall’omonimo album dell’80. Piazza Unità è conquistata per la seconda volta dai paladini dell’heavy metal che regalano ancora i bis: «The evil that men do» del 1988, «Hallowed be thy name» e «Run to the hills» da “The Number of The Beast” del 1982.
Elisa Russo, Il Piccolo 18 Luglio