IZTOK KOREN HANGA TEATRI 07.10.22

«Sono contento di tornare all’Hangar, ci avevo suonato con la mia band Širom, ricordo il pubblico caloroso, attento e in generale la città ha buone vibrazioni»: questa volta sarà da solo Iztok Koren, in concerto per il compleanno dell’Hangar Teatri venerdì alle 21 a ingresso libero, prima serata della stagione in collaborazione con il Kino Šiška di Lubiana. Il musicista sloveno è in pista dal 2000 con diversi gruppi (Širom, Škm banda, Hexenbrutal) ma solo nel 2020 incide un disco solista, “Lonely Hymns and Pillars of Emptiness” (Torto Editions), prodotto dall’americano Chris Eckman, che presenterà all’Hangar «Assieme a qualche nuova composizione – racconta – con due banjo, un guembri (strumento a corde pizzicate del Marocco) e una steel drum».

Com’è essere da soli sul palco?

«Ti mette in una situazione di intimità e di fragilità: devi mostrare la tua vulnerabilità. Quello che sta succedendo nella tua vita privata fa parte del pacchetto e influenza la performance. Proprio per questo, le persone del pubblico si identificano e vivono intense emozioni. I punti di forza del suonare da solo sono l’indipendenza nell’esprimerti in un modo che è tuo al 100%, con totale libertà artistica, nel mezzo di una canzone puoi decidere di cambiare l’esecuzione senza mandarla in malora. Il lato negativo può essere sentire la solitudine quando viaggi».

È vero che il suo album è nato grazie al lockdown?

«Sì, ho avuto bisogno di realizzarlo in quel momento difficile per preservare la mia sanità mentale, una sorta di processo di guarigione. Desideravo creare del materiale solista da anni, ma non trovavo mai tempo né energia. Il mio amico chitarrista Raphael Roginski mi incoraggiava ed è stata una spinta ulteriore. Nell’album ho incluso anche un discorso di mio zio che vive una vita solitaria e riempita dalla fede: era il 2019 quando raccontava di una serie di sogni che gli annunciavano un’imminente apocalisse. È stata un’ispirazione iniziale forte».

Che ruolo hanno innovazione e tradizione nel suo lavoro?

«Non includo elementi di musica etnica o tradizionale, semplicemente uso strumenti tradizionali ma li applico a nuove canzoni che sono di mia composizione. M’ispiro spesso ad archetipi ed esperienze universali di ogni epoca, come solitudine, tradimento, colpa, vergogna, dualismo, crisi esistenziale, infatuazione, amore». 

Qual è lo stato ideale per la creatività?

«Per me l’ispirazione può arrivare in qualsiasi momento, stimolata da diverse cose o stati mentali, da paesaggi dove senti una bellezza pungente, da relazioni famigliari, dal tuo passato o da quello dei tuoi cari, da situazioni politiche mondiali o locali, dalla crisi climatica… Considero la musica e l’arte in generale come un linguaggio speciale con cui puoi esprimere pensieri, sentimenti, emozioni che non riusciresti a esprimere altrimenti. Quindi l’ispirazione arriva da tutto quello che vivi. Si può comporre ovunque: io ho usato anche il bagno di casa di notte: era l’unico posto dove non disturbavo la mia famiglia che dormiva, e inoltre aveva un’ottima acustica». 

Novità in arrivo?

«A maggio ho registrato il mio secondo album, che spero di pubblicare tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo».

Elisa Russo, Il Piccolo 6 Ottobre 2022  

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