Joan Wasser, in arte Joan As Police Woman ha aperto alla grande la tre giorni di musica al femminile a Villa Manin di Codroipo (Ud). Violinista con basi classiche, punk-rocker di strada, aficionada dell’old soul, diva vocale. Due album all’attivo: «Real Life» del 2006 e «To Survive», fresco di pubblicazione. E una sfilza di collaborazioni da urlo: Nick Cave, Dave Gahan, Elton John, Franco Battiato, Lou Reed, Neil Young, Antony And The Johnsons.
«La bellezza è il nuovo punk rock» è il suo motto. Ovvero, si può essere belle anche senza urlare. L’accompagnano: l’androgina Rainy Orteca al basso e l’ungherese/cinese/messicano di Brooklyn Parker Kindred alla batteria (già nella band di Jeff Buckley, di cui Joan fu l’ultima fidanzata). Sul palco troneggia e incute timore un enorme teschio fatto di pentole e utensili d’acciaio. È un’opera dell’indiano Subodh Gupta collocata nell’ambito della mostra «God and Goods». Joan lo guarda un po’preoccupata: dice di sentirsi in competizione con quella figura paurosa. Ma soprattutto, manifesta subito la sua gioia di trovarsi in un posto davvero meraviglioso: «Vorrei esibirmi ogni sera in uno scenario del genere. Solo in Italia ci sono posti così». E sta volta non sono lusinghe, perché Villa Manin ha davvero qualcosa di magico. Il pubblico, numeroso e attento, è seduto sull’erba. «State comodi, lì?», si sincera la cantante newyorkese. È bella, a suo modo. Con quel profilo spigoloso e un vestitino luccicante e argentato. Parla molto tra un pezzo e l’altro, strascicata, lenta e gentile. Lieve, come la sua musica. Non è una posa, è il suo modo di essere e fare musica che è volutamente storto. I pezzi che rendono di più dal vivo sono quelli più sofferti, minimali, blues: questa è la sua vera anima. Il concerto si apre con «Honor Wishes»: «Ameresti me, e non il mio bisogno di essere amata?». Si entra subito nel mood di questa donna speciale, che ricorda a tratti Tori Amos, Fiona Apple, PJ Harvey, Joni Mitchell e come sempre tutte le grandi cantanti regine degli amori tormentati. Secondo pezzo, «To Be Loved». E dopo l’amore, la solitudine: «To Be Lonely». Dopo mezz’ora di concerto, a Joan, si rompe una corda della chitarra. Sarà un vezzo, ma dice di non essere capace di cambiarla perché non le succedeva da anni, e invoca l’aiuto di qualcuno tra il pubblico. Scherza anche sulle urla isteriche di alcuni bambini che giocano nel parco. Memorabile la cover di «Fire» di Jimi Hendrix, torrida e bruciante di desiderio: un cuore che s’incendia come un foglio di carta. «To America», uno dei brani migliori del nuovo disco, frutto della collaborazione con Rufus Wainwright è l’ultimo pezzo prima dei bis. L’intensità degli applausi la decreta vincitrice. Alla fine Joan, fatina sghemba con i suoi stivaletti dorati e il trucco ormai un po’sfatto, scende al banchetto del merchandising e si presta generosamente a sorrisi, foto e autografi, con grande pazienza, fino ad esaurimento fans.
Elisa Russo, Il Piccolo 07 Agosto 2008