«Il punk non è uno stile musicale; è un modo di essere» affermava Mike Watt. Definizione che si cuce addosso a Stefano Gilardino, autore del libro «La storia del punk» (Hoepli, pagg 350, € 29,90), scrittore e giornalista musicale (“Rock Sound”, “Dynamo”, “XL/Repubblica”, “Rolling Stone”…) che nell’introduzione al volume ricorda: «Ciò che pare solamente una stupida moda del 1977 finirà per accompagnarmi tutta la vita, condizionare molte delle mie scelte, fornirmi una coscienza politica e sociale, aprirmi la mente verso altre arti – letteratura, cinema, fotografia, grafica, moda – e ovviamente altre musiche. Il punk rock negli anni Settanta è l’anno zero della musica, almeno così si diceva spesso; io, per questioni anagrafiche, non posso che essere d’accordo perché, prima dei Sex Pistols o dei Ramones, per me non esiste alcun ricordo legato alla musica». Il punk rock, al contrario del suo slogan più celebre (“nessun futuro”) ha dimostrato di essere longevo e resistente. Memore delle proprie origini, quelle di Iggy Pop e i suoi Stooges, Velvet Underground, New York Dolls e MC5, il punk ha cambiato la storia con Sex Pistols e Clash nel Regno Unito e Ramones negli Stati Uniti, prima di evolversi in decine di sottogeneri altrettanto rivoluzionari. Dal post-punk all’hardcore, si è arrivati negli anni Novanta a conquistare le classifiche di tutto il mondo con Green Day e Offspring che hanno saputo commercializzare una musica ribelle che pareva impossibile da vendere. Un libro enciclopedico quello di Gilardino, che però vuole essere una storia e non un’enciclopedia: «Anzi, una grande storia fatta di piccole vicende, fantastici miti e improbabili leggende». Dalle radici del proto-punk e glam rock all’esplosione del punk nel Regno Unito e negli Usa (con particolare attenzione a quello che accadeva nella Grande Mela), il post-punk, la nascita del punk melodico e gli eroi del nuovo millennio, il punk nel cinema, nella letteratura, nella fotografia: il volume ripercorre con estrema precisione le tappe fondamentali di una storia ancora in corso. E lo fa anche con diversi box pieni di curiosità, utili tabelle di cronologia e 200 schede di album fondamentali. L’autore, oltre che raccontare in maniera talvolta inedita famosi artisti che ha avuto modo di intervistare nella sua carriera (da Iggy Pop e Patti Smith a membri di Sex Pistols, Ramones, Clash, Damned, Devo…) offre uno sguardo completo che include anche band di nicchia e geograficamente distribuite in maniera varia. A tal proposito, interessante e accurata l’ultima sezione del libro “Anarchì in Italì”, dedicata a quarant’anni di punk e dintorni nello Stivale. Surfando tra Enrico Ruggeri e i suoi Decibel, il rock demenziale degli Skiantos, l’hardcore dei Negazione e dei triestini Upset Noise, non poteva mancare un approfondimento sul Great Complotto di Pordenone. «Pordenone può essere Londra, ma Londra non può essere Pordenone»: sembra ancora stupire come una piccola cittadina di provincia si sia trasformata in un miracolo del punk e della new wave italiana, alla fine degli anni Settanta, con personaggi come Ado Scaini, Fabio Zigante (Miss Xox) e Gianni Tassan Mazzocco che hanno lasciato un’eredità importante, raccolta anni dopo da Prozac+ e Tre Allegri Ragazzi Morti.
Elisa Russo, Il Piccolo 2 Novembre 2017