«Questo libro è una vera celebrazione della cosa più bella che esista al mondo: la chitarra elettrica» scrive il chitarrista Steve Vai nell’introduzione
del libro «La storia della chitarra rock» (Hoepli, pagg 341, 29,90 €) di Luca Masperone e Stefano Tavernese. Un volume illustrato che ripercorre cento anni di evoluzione della musica e della chitarra dalle origini fino ad oggi, dal blues al rock, dal jazz alla fusion, dall’hard rock all’heavy metal.
Nel 1953 un giovane acerbo si presenta alla Sun Records per incidere un brano a sue spese. Ci vorrà un po’ di tempo ma il ragazzo una sera si lancia con la chitarra in un travolgente blues e scatta la magia: nasce così il primo singolo di Elvis Presley. Ad accompagnarlo, in quella session e nei primi anni della sua carriera, il chitarrista Scotty Moore; Keith Richards dei Rolling Stones dirà: «Tutti volevano essere Elvis. Io volevo essere Scotty Moore».
Elvis è il re degli anni d’oro del rock’n’roll a stelle e strisce, fino all’avvento della brit invasion dei Beatles. Anche se la coppia Lennon-Harrison ha utilizzato vari strumenti nel corso del tempo, l’immagine dei Beatles viene spesso associata alle chitarre sfoggiate all’Ed Sullivan Show nel ‘64: dopo la partecipazione dei Fab Four al celebre programma americano tutti vogliono una Rickenbacker o una Gretsch. All’inizio dei ’60 Jim Marshall realizza quello che diventa l’amplificatore simbolo della chitarra rock, tra i primi testimonial: gli Who e Jimi Hendrix. Leggenda vuole che Jimi si convinca della sua passione per la chitarra dopo un concerto di Elvis nel ‘57: «La percezione che si ha spesso di Hendrix è quella di una cometa arrivata dal nulla per spingere la chitarra, le possibilità espressive dello strumento, a livelli mai visti in precedenza, per poi sparire nella notte lasciando una scia che non si sarebbe mai più spenta. (…) un big bang generatore, una divinità che ha contribuito a scrivere le tavole della legge, il vocabolario della chitarra rock».
Sarà una battaglia a colpi di Marshall quella che inizierà a fine anni 60 tra Ritchie Blackmore (Deep Purple) e Jimmy Page (Led Zeppelin), fondamentali per lo sviluppo di generi come l’hard rock e l’heavy metal.
Dopo la morte di Hendrix, l’attesa di un nuovo messia della chitarra rock termina con l’arrivo di Eddie Van Halen, sul suo esempio virtuosi come Steve Vai, Yngwie Malmsteen, Joe Satriani…
Gli autori concludono con una riflessione sul presente: «Forse è arrivato il momento di svegliarsi e ritrovare la vera passione, con la chitarra o qualsiasi altro mezzo. Con buona pace di X Factor (senza rancore)».
Elisa Russo, Il Piccolo 27 Dicembre 2017