«Siamo donne libere. Il giorno che ci sposeremo, i nostri mariti dovranno capire che la musica viene prima di tutto». Solo pochi anni fa, Les Filles de Illighadad non avrebbero mai immaginato di girare il mondo suonando. E ora eccole in Italia: la scorsa settimana per quattro date speciali al fianco di Motta, nome di punta del nuovo cantautorato nostrano che ha dichiarato: «Mi sono innamorato di loro dopo averle viste in concerto a Berlino». Per continuare poi da sole il loro tour per promuovere «Eghass Malan», album in cui canzoni nomadi rurali vengono rilette in chiave moderna, con tappa al Miela sabato alle 21.
Illighadad è una comunità isolata nel centro del Niger, villaggio accessibile solo attraverso un viaggio estenuante, quasi totalmente privo di infrastrutture, senza elettricità né acqua corrente. Ma ciò che manca alla zona nella ricchezza materiale è compensato da un’identità e una tradizione fortissime. La chitarra tuareg si è guadagnata visibilità mondiale grazie al successo di Bombino e Tinariwen, la band del Mali vincitrice di un Grammy, forse su quella scia il fratello di Fatou Seidi Ghali porta a casa una chitarra e lei impara a suonarla. Dal vivo si fa accompagnare dalla cugina Alamnou Akrouni: è così che nascono Les Filles de Illighadad. L’americano Christopher Kirkley, in un viaggio nel Niger, resta colpito da queste ragazze e decide di collaborare con loro e farle incidere per la sua etichetta Sahel Sounds «Abbiamo registrato a casa di Fatou – racconta – circondata da alcuni amici. Quando suona la chitarra, cugini, fratelli, sorelle, bambini del villaggio si radunano, battono le mani e cantano. Sono tutti orgogliosi di lei».
«Desidero un grande futuro come chitarrista – dichiarava la ragazza di Illighadad tempo fa – e voglio che altre ragazze suonino con me, in modo che possiamo fare successo assieme». Così è stato, tanto che le due Filles a novembre del 2016 hanno tenuto il primo tour europeo, nel quale si è aggiunta una terza musicista, Mariama Assouan e, unica quota maschile della band, Madassane Ahmoudou. Una novità assoluta per loro, che non si erano mai mosse se non per andare a Niamey, la capitale del Niger, e che si stupiscono a vedere per la prima volta neve e ghiaccio, in Svizzera.
Les Filles provengono da una comunità di famiglie pastorali, che vivono tra le loro mandrie da secoli. Nonostante la limitata mobilità sociale «La donna è comunque un pilastro della società tuareg – precisa Fatou – che è matrilineare» le tuareg hanno avuto un ruolo nella musica tradizionale, cantando e suonando le percussioni, ma la chitarra è stata sempre suonata dai maschi. Vedere dunque una fanciulla che canta accompagnandosi da questo strumento è stato motivo di curiosità. «I miei genitori volevano darmi in sposa molto presto – prosegue Fatou – proprio quando si sono accorti del mio amore per la chitarra, portata a casa e suonata da mio fratello più grande: osservavo i movimenti delle sue mani e cercavo di imparare, esercitandomi di nascosto. L’incontro con Kirkley è stato fondamentale, prima non avrei mai pensato di registrare la mia musica professionalmente, da noi al massimo lo si fa col proprio telefonino e di sicuro nessuno prende dei soldi per farlo! L’industria musicale qui non esiste. Siamo fortunate, oggi guadagniamo con la nostra musica, non abbiamo altri lavori. Nella nostra società la donna non lavora fuori casa, e non parlo solo dei villaggi ma anche delle grandi città».
Elisa Russo, Il Piccolo 8 Dicembre 2018