“Light of Day” è una canzone composta da Bruce Springsteen e interpretata dalla rocker Joan Jett e l’attore Michael J. Fox nell’omonimo film del 1987 diretto da Paul Schrader, poi ripresa dallo stesso autore negli anni successivi. Un simbolico raggio di luce che diventa, 19 anni fa ad Asbury Park, il nome di un evento benefico patrocinato da Springsteen e arrivato fino in Europa. Il Light of Day Benefit Tour fa tappa a Trieste per il nono anno consecutivo, venerdì alle 20.30 al Teatro Verdi di Muggia (in Via San Giovanni 4) in una serata con il marchio Trieste is Rock e Good Vibrations all’insegna della musica della East Coast americana e a favore della ricerca sul Parkinson, SLA e Sclerosi Multipla. La carovana del Benefit è guidata dal musicista del New Jersey Joe D’Urso affiancato da Jeffrey Gaines (cantautore di Philadelphia molto noto nella East Coast, in pista dai Novanta, scalò le vette delle classifiche americane con una rivisitazione di “In your Eyes” di Peter Gabriel), Vini “Mad Dog” Lopez (è stato il primo batterista della E-Street Band del Boss), Guy Davis (bluesman cresciuto nella zona di New York, musicista, compositore, attore, regista e scrittore), Anthony D’Amato (nuovo nome della scena East Coast, giovane promessa di grande talento che mescola emozionanti ballate folk con fulminanti riff di r’n’r); al super gruppo statunitense si aggiunge il bluesman triestino Franco Toro. In apertura di una serata che offre al pubblico ampio spazio per l’interazione del momento e l’improvvisazione tra i musicisti, anche Rob Dye, musicista del New Jersey che mescola rock, country, r&b e gospel e Riccardo Gileno, classe ’91, songwriter triestino con all’attivo l’ep di debutto «The Curse», vincitore del premio “Mei superstage” all’ultimo Mei di Faenza. «Sono influenzato da Bon Iver, Ryan Adams, Damien Rice e soprattutto Jeff Buckley – racconta Gileno –. Ovviamente, dico questo con la massima umiltà: se riuscissi ad esprimere a chi mi ascolta anche solo un millesimo di ciò che questi artisti riescono a darmi con la loro musica, sarei veramente un uomo felice. Di veramente mio c’è tutto ciò che c’è nelle mie canzoni. Non parlo di originalità, quanto di sincerità: i brani sono una riproposizione di situazioni reali in cui mi trovo e in cui mi sono trovato e di sentimenti ed emozioni che ho vissuto, e quindi musiche e testi riproducono completamente ciò che ho dentro al momento della composizione. Non è ricerca di autenticità, è il bisogno di doverla esternare. “The Curse” contiene determinate sonorità e parole, magari il mio prossimo lavoro sarà completamente diverso».
«Light of Day nasce 19 anni fa – conclude Joe D’Urso – quando al fondatore, Bob Benjamin (produttore musicale del New Jersey), fu diagnosticato il morbo di Parkinson. Oltre a me, coinvolse tanti amici musicisti tra cui Bruce Springsteen e Joe Grushecky. La scaletta cambia ogni sera, a seconda del pubblico, del luogo che ci ospita e da altri fattori. Sono sempre contento di tornare a Trieste ed in Italia in generale: i miei nonni erano italiani, le due nonne di Napoli, un nonno di Siracusa e un altro dell’Isola di Ponza; vennero tutti a New York quando avevano vent’anni. Amo lavorare con musicisti italiani: ho sempre trovato in loro cuore e passione».
Elisa Russo, Il Piccolo 7 dicembre 2018