«Il mio progetto musicale, che ha portato alla registrazione di “Sparks”, è un viaggio personale che esplora le mie radici, la mia esperienza come emigrante negli Stati Uniti e la mia evoluzione come musicista. Voglio onorare il mio passato e le persone che sono diventate la mia nuova famiglia. Ho cercato di fondere le mie più recenti esperienze in ambito jazz, world e di improvvisazione con le tradizioni musicali del mio passato, creando un sound personale, cameristico, definito “chamber jazz”. Attraverso la mia musica voglio trasmettere un messaggio di inclusione e connessione». Violinista, compositrice, arrangiatrice, la friulana Ludovica Burtone vive a New York da sette anni, nella città che non dorme mai è riuscita ad aggiungere importanti tasselli alla sua già avviata carriera. 

«Sono nata a Udine – racconta – in una famiglia di artigianato artistico (i miei avevano un negozio di cuoio a Udine), mio padre Rocco è conosciuto in regione per essere sempre stato molto coinvolto in ambito artistico, nella musica a livello cantautorale, ha fatto anche teatro, dipinge, ha scritto un libro, è istrionico; mia madre poi ha cominciato a lavorare con le lane, arazzi… insomma c’è una vena creativa in casa.

Si respirava la musica?

Mia madre tutte le domeniche mattina metteva su dischi di classica. Quando ero piccola mi hanno indirizzata al pianoforte ma durante dei corsi estivi ho scoperto il violino, mi sono impuntata sullo strumento e quando avevo dieci anni sono entrata in conservatorio, al Tomadini di Udine.

Ha capito subito che sarebbe stata la sua professione?

Finito il liceo volevo soprattutto viaggiare, imparare mille lingue, certo anche suonare, ma non sapevo ancora bene cosa volevo essere da grande.

E poi?

Ho fatto la selezione per l’orchestra sinfonica del Friuli-Venezia Giulia e sono stata presa, quindi ho iniziato a lavorare molto giovane, gli eventi mi hanno un po’ indirizzata nella scelta. Al Tomadini, nel frattempo, avevano aperto il dipartimento di jazz con Glauco Venier e sono riuscita a inserire alcuni di quei corsi nel mio biennio. Mi si è aperto un mondo globale, oltre la classica. Ho fatto un periodo di specializzazione a Barcellona al Liceu. 

Qual è stato il primo impatto con gli Usa?

Ci ero venuta da bambina, e mi pareva il paese dei balocchi (anche solo per trovare l’ultimo modello di scarpe Nike!). Nel 2005 sono venuta un paio di mesi e ho avuto un periodo difficile, sono voluta rientrare in Italia e ho pensato che gli Stati Uniti non fossero per me. Poi però ci ho riprovato, grazie a una borsa di studio e un visto da studente, a Boston al Berklee College of Music. Sono tornata più consapevole dell’individualismo che avrei trovato, compensato però dalla meritocrazia. Lì per la prima volta ho pensato “chissà, forse un giorno avrò un album con musiche mie”. 

New York?

È gigantesca, ognuno è concentrato sulle sue cose, lontano, quindi i rapporti sono un po’ più difficili però è una città di possibilità e puoi fare cose bellissime. Una città da sogno. Ogni volta che attraverso il Ponte di Brooklyn mi stupisco di vivere qui. Lavoro tanto, ma quello che ho fatto in due anni, in Italia neanche in dieci.   

Ha suonato in luoghi iconici della grande mela, ha un ricordo in particolare?

L’anno scorso, tornando dall’Italia, mi ero un po’ lamentata di quanto fosse dura qui e New York mi ha zittita dandomi la possibilità di suonare al Carnegie Hall, Radio City Music Hall, Lincoln Center spaziando dal jazz alla musica brasiliana, latina, sudamericana. La collaborazione con Jon Batiste è stata una delle esperienze più importanti di questi anni, abbiamo registrato un album in analogico agli Electric Lady Studios (fondati da Jimi Hendrix) con Ron Carter, Kenny Garrett. E poi l’hanno scorso mi ha coinvolta alla prima della sua “American Symphony” al Carnegie Hall con musicisti di ogni tipo, dai nativi americani al gospel, jazz, classica. 

Il suo album s’intitola “Sparks”. Come mai?

“Scintille” viene dal friulano “falischis”, nomignolo dato a Buttrio alla famiglia “scoppiettante” di mia mamma. È il primo album in cui mi metto in gioco come compositrice, arrangiatrice, bandleader e violinista. Ho coinvolto tantissimi musicisti e non so come ho fatto, con la pandemia di mezzo, eppure è andato tutto liscio. 

Tornerà a presentarlo in regione?

In maniera ufficiale a Udin&Jazz il 13 luglio. Si aggiungeranno altre date in Italia, mi accompagnano Emanuele Filippi al pianoforte, Alessio Zoratto al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria. 

Cosa le manca della sua terra d’origine?

La famiglia, la semplicità di vivere, il paesaggio, la possibilità di fare una passeggiata e incontrare qualcuno con cui prendere un caffè. Tra i miei posti del cuore: la costa di Trieste, dove andavo al mare da piccola o dopo prove con l’orchestra del teatro lirico di Trieste; a Udine la vista dalla terrazza di mia mamma da cui si vedono le Alpi. Amo tutti i luoghi d’acqua: fiumi, laghi, mare… 

A cos’altro sta lavorando?

Ho vinto una sovvenzione per un progetto musicale dedicato alle donne emigrate a New York. La mia vicina haitiana che lavora all’ospedale, la signora guatemalteca che si è costruita la sua impresa di pulizie, l’amica venezuelana del programma El Sistema: sto mettendo in musica le loro storie e il violino fa da intervistatore. 

BIOGRAFIA

Violinista, compositrice e arrangiatrice, Ludovica Burtone è una musicista di Udine trasferitasi a New York. Di formazione classica, con un biennio in violino conseguito al conservatorio Jacopo Tomadini di Udine e un diploma post-laurea ottenuto al Liceu di Barcellona, si diploma inoltre in “Composizione Jazz” al Berklee College of Music di Boston. Conta prestigiose collaborazioni con Ron Carter, Jon Batiste, Susana Baca, Camila Meza, A. R. Rahman, Arijit Singh, Dream Theater, O Kwarteto Collective, Michael Leonhart Jazz Orchestra, Tredici Bacci, Vanisha Gould & The Storyteller, Gary Bartz, Kenny Garrett, Chitãozinho & Xororó, Miguel Atwood-Ferguson… Brilla su alcuni palchi fra i più importanti in ambito internazionale: Carnegie Hall, Lincoln Center, Radio City Music Hall, Boston Symphony Hall, Boston Opera House, The Jazz Standard, Mezzrow Jazz Club, Café Carlyle, National Sawdust, Dizzy’s Club Coca-Cola, David Geffen Hall. Recentemente vincitrice della “Café Royal Foundation Grant”.

L’ALBUM DI DEBUTTO 

Pubblicato dall’etichetta statunitense Outside in Music, “Sparks” è il debutto discografico solista di Ludovica Burtone, uscito a marzo. La talentuosa violinista, compositrice e arrangiatrice, leader del progetto, è coadiuvata da undici raffinati musicisti: Fung Chern Hwei (violino), Leonor Falcón Pasquali (viola), Mariel Roberts (violoncello), Marta Sánchez (pianoforte), Matt Aronoff (contrabbasso) e Nathan Ellmann-Bell (batteria), più cinque prestigiosi ospiti del calibro di: Sami Stevens (voce in “Altrove”), Melissa Aldana (sax tenore in “Awakening”), Leandro Pellegrino (chitarra in “Sinha”), Roberto Giaquinto (batteria in “Incontri”) e Rogerio Boccato (percussioni in “Sinha”). Un album in «pieno solco contemporary jazz, dall’impronta marcatamente cameristica, una sorta di fascinoso melting pot stilistico che coniuga elementi della musica colta con il jazz, fino a esplorare le sgargianti colorazioni appartenenti alla world music, adornate da uno spirito mediterraneo».

Elisa Russo, Il Piccolo 29 Aprile 2023

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