«Sarà uno show in solo, di chitarra acustica, una dimensione in cui mi cimento da decenni e mi sento particolarmente a mio agio. Suono quello che mi passa per la testa. Inserisco qualcosa di Frantz Casseus, chitarrista e compositore haitiano che è stato mio insegnante, magari un pezzo di Albert Ayler, John Coltrane, qualche standard rivisto in maniera personale». Da New York, uno dei più apprezzati chitarristi al mondo, Marc Ribot (collaborazioni con Tom Waits, Elvis Costello, John Zorn, Caetano Veloso, Vinicio Capossela) sarà il protagonista di Musiche dal Mondo, a Villa Attems di Lucinico, domani alle 21.30; opening alle 21 Anna Garano. Il festival organizzato da Controtempo e Kud Morgan con Goriški muzej di Nova Gorica e Musei provinciali di Gorizia, parte oggi con gli sloveni Širom e il quartetto francese Crimi, sempre a Villa Attems alle 21.
In questi giorni arriva nelle librerie italiane il libro di Ribot “Nelle mie corde – storie e sproloqui di un chitarrista noise” (Big Sur, pagg 230, 20 euro) autoritratto di “un artista che non ha paura di seguire la propria intelligenza ovunque lo porti”.
Che ne pensa dell’edizione italiana?
«Non ho ancora provato a leggerlo tradotto, mi fa un effetto strano ma sono davvero contento che sia disponibile in Italia».
Nel libro afferma che Lubiana è una delle sue città preferite, cosa le piace?
«La frequento dagli anni ’80. È una città ricca di cultura con luoghi come il centro sociale Metelkova».
È uscito “Connection”, il nuovo album del suo progetto Ceramic Dog. Come si sente?
«Molto soddisfatto. In tour con loro siamo appena stati a Forlì, Roma. Da sabato, invece, qualche data in solo fino a quella di Gorizia».
La traccia “Heart Attack” ha dentro parolacce in italiano, come mai?
«In origine cercavo di imprecare in triestino, in omaggio a Joyce, anche lui lo faceva, ma ho dovuto rinunciare. L’intento non era la volgarità, quanto piuttosto sottolineare come le parolacce e imprecazioni, in qualsiasi lingua, siano molto musicali. Hanno davvero un ritmo incredibile, quindi nella prima parte della canzone ci sono le “bad words” in inglese e nella seconda le parolacce in italiano».
Oltre a Joyce ha letto anche Italo Svevo?
«Assolutamente, ne sono grande fan. Non avrebbe potuto essere che triestino, il suo senso dell’umorismo è quello che ho trovato solo a Trieste. Viene da un altro secolo, ma mi piace sempre tantissimo».
Come nasce la versione di “Bella ciao” con Tom Waits?
«Sono molto interessato alla storia italiana, penso che gran parte degli americani non ne sappiano nulla di quella degli anni dai ’20 ai ‘40 e vorrei davvero che ne sapessero di più, perché ti aiuta a capire il presente e magari evitare errori del passato».
Molti americani non sono così interessati…
«È vero che da una parte, come tutte le grandi potenze, l’America tende a questo disinteresse, ma dall’altro lato c’è anche sensibilità da parte di qualcuno. Per esempio: durante la guerra nel golfo fu fondamentale per gli americani vedere che gli europei non supportavano quello che stava succedendo, l’opinione pubblica europea ebbe grande peso. Spesso gli americani hanno visto tanti film sui nazisti tedeschi, ma avrebbero bisogno di saperne di più sulla resistenza».
Elisa Russo, Il Piccolo 18 Luglio 2023
