MARIO BIONDI A TRIESTE L’1.08.22

«Trieste mi piace moltissimo, quando sono sul mare per me è tutta vita, mi sento già un po’ a casa, ho una passione per le città di mare, ho anche dei bellissimi ricordi a livello culinario, ho mangiato benissimo nei vicoletti vicino a Piazza Unità». Dopo il successo delle date internazionali e del tour nei teatri, il viaggio di Mario Biondi prosegue con il “Romantic live estate 2022”, prodotto e organizzato da Friends&Partners, e fa tappa al Castello di San Giusto lunedì alle 21 per Hot in the City/ Trieste Estate. «Il live – continua il cantante siciliano – come il disco ruota attorno al concetto di romanticismo, c’è sempre un grande interplay tra me e gli elementi meravigliosi della band, Federico Malaman al basso, Marco Scipione al sax, Fabio Buonarota alla tromba, Massimo Greco alle tastiere e programmazione, David Florio alle chitarre, percussioni, piano e cori che sono ormai con me da dieci anni, per cui mi sento parte integrante del gruppo e non frontman, mi piace questo approccio. Il repertorio conterrà brani da “Romantic” ma anche da “Dare” e naturalmente ripercorreremo insieme estratti dai dischi precedenti e i successi come il nostro cavallo di battaglia “This is What You Are” che ci porta bene in giro per tutto il mondo ormai da quasi vent’anni».

Ha dichiarato che “Romantic” è il suo disco più personale, cosa intende?

«Mi appartiene molto, ma la verità è che ha pochi mesi dallo studio di registrazione e i neonati sono sempre bellissimi, hanno un fascino e un’aura speciale. Ci sono dentro molte cose che appartengono anche alla mia famiglia, ho inserito infatti una canzone di mio papà in siciliano, e poi un brano di Maurizio Fabrizio, grandissimo autore italiano. Ci sono diverse particolarità che mi legano a questo disco».   

Si divide tra brani in italiano e in inglese, cosa cambia a livello di interpretazione?

«L’inglese ha una sua caratteristica sonora unica, ma l’unicità dell’italiano sta nell’essere la mia madrelingua, con cui ho un legame ancestrale».

La definiscono “soul singer” e “crooner”, come si trova con queste etichette?   

«Sono un po’ invenzioni dei discografici, i marchietti per dividere i generi sono roba da commercianti, senza essere antipatici nei loro confronti eh. La musica è una. Io adoro fare tutti i generi, non ho mai avuto rapporti preferenziali. La soul music fa parte del mio linguaggio, ma l’ho scoperto con gli anni». 

Non pensa di aver contribuito a far conoscere il soul in Italia? 

«Adesso sento tanti cantanti soul qui, ho sdoganato un genere che non veniva prediletto, anzi tanti anni fa nei locali molto spesso quando facevo del soul o del funk mi dicevano che erano generi che in Italia non andavano, “devi fare del rock, del cantautorato” mi intimavano. Io sono stato testardo e ho mantenuto la mia personalità, perché vestirsi con quella di un altro è un errore». 

Che effetto le fa il grande successo all’estero?

«Mi lusinga e mi onora ogni volta che facciamo dei festival jazz in giro per il mondo, siamo passati dall’Indonesia, Francia, Inghilterra, Germania, Brasile, abbiamo girato 46 paesi e mi fa sempre impressione trovarmi in cartellone assieme a grandi miti».

Nei prossimi mesi il viaggio continua?

«Siamo partiti dalla Scozia, a seguire Inghilterra, Spagna, Francia, Germania, e poi l’Italia e in autunno si riparte all’estero, sono molto contento, dopo due anni di fermo i palchi ci sono mancati tanto».

E in studio?

«Sono un inquieto, scrivo di continuo, potenzialmente avrei già tre o quattro album».  

Elisa Russo, Il Piccolo 1 Agosto 2022     

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