MASSIMO PRIVIERO a Trieste il 30.11 e il 01.12.2018

«Quel che scrivo e suono è quel che sono e la mia libertà senza compromessi riesce spesso a tradursi in forza da dare al pubblico. Puoi chiamarlo sangue, sudore, lacrime, sorrisi oppure umana resistenza che diventa musica d’autore e a volte poesia». Massimo Priviero festeggia trent’anni di cantautorato rock con un tour che fa tappa al Miela sabato, apre la serata alle 20.30 la cantautrice triestina Miriam Baruzza, accompagnata da Mauro Berardi alle percussioni, Stefano Bembi alla fisarmonica e Diego Vigini alla chitarra. Priviero sarà in città già domani per un incontro con il pubblico alla Casa della Musica, alle 18.30. «Quando feci il primo disco nel 1988 – racconta – non mi aspettavo tutto questo… Spesso dico che la mia carriera è cominciata ben prima, a otto anni, che è una battuta ma fino a un certo punto. Tra alti e bassi sono felice del percorso fatto».

«Ho vissuto a Jesolo fino ai 25 anni – prosegue – e poi mi sono trasferito a Milano. Le mie radici sono a Nord Est. Trieste l’ho nel cuore, ci sono venuto tante volte, di recente a Muggia per il Light of Day, e ho un ricordo più lontano, dolce e struggente, di un evento molto bello organizzato per Miran Hrovatin dalla moglie, al Miela, poi ci sono tornato anni dopo, è un teatro che mi piace molto».

Sabato sarà una data speciale, nella formazione di Priviero entrano anche i triestini Alessandro Castorina al basso e Fiodor Cicogna alla batteria: «La sezione ritmica – riprende il cantautore – sarà composta da due “muli”: oltre alla mia band inserirò due musicisti triestini che suoneranno con me una parte del concerto. È una cosa che non faccio quasi mai ma l’idea mi piaceva e sono curioso. Castorina è un mio estimatore che mi segue da tanti anni e mi ha fatto questa proposta che all’inizio mi sembrava strana ma alla fine sono le cose più belle da sperimentare».

L’anno scorso è uscito “All’Italia” un concept album dedicato alla migrazione italiana di ieri e di oggi: «Considero la partenza verso nuovi orizzonti, sia essa costretta da cause come l’assenza di lavoro o invece da un più semplice desiderio di cambiamento della propria vita, prima di tutto un atto di grande coraggio. La migrazione ha un filo rosso che va dai veneti che se ne andavano in Argentina cento anni fa ai ragazzi che se ne vanno oggi a Parigi e Londra (mio figlio compreso) in cerca di opportunità che l’Italia non riesce a dare. Le canzoni sono diventate anche colonna sonora del docufilm “Italia addio, non tornerò” presentato in tanti paesi del mondo. Avrei potuto intitolare l’album “Figli d’Italia”, perché questo è quanto. Ho preferito una dedica ancora più diretta al nostro paese. Ho le mie idee su come vanno le cose oggi, naturalmente, ma non desidero unirmi al coro della troppa gente che pontifica, che ha risposte pronte, che critica o che ci indica un’ipotetica strada migliore da seguire». Tra i brani c’è anche “Fiume” sull’esodo istriano e “Friuli 76”: «Negli anni ho suonato spesso in luoghi dove ci sono stati terremoti davvero distruttivi. Ma in Friuli ho notato un atteggiamento diverso, come se portassero qualcosa dentro ma senza mai piangersi addosso, una commozione molto composta, molto “friulana”, che apprezzo molto, può sembrare più chiusa ma è anche più solida».

In questi giorni esce un nuovo singolo, una versione rock di “Che sarà”: «Ho riletto una canzone nazional popolare che ha il tema della migrazione – conclude Priviero – da bimbo mi aveva commosso l’interpretazione di Feliciano al Festival di Sanremo. Ha dentro un tema serio che diventa leggero fino a essere popolare e cantabile. Per questo mi è arrivato in modo speciale e per questo l’ho incisa».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 29 Novembre 2018

 

Priviero

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