Sabato, alle 21, i bolognesi Massimo Volume si esibiscono al Deposito Giordani di Pordenone.
Ad aprire la serata ci sono gli Hard Core Tamburo (una costola dei pordenonesi Sick Tamburo, la band di Gian Maria Accusani dei Prozac+), un progetto nuovissimo per la prima volta dal vivo, «una piccola orchestra urbana». Definiscono la loro performance come «suono primitivo industriale; un mix di ritmi tribali eseguiti tendenzialmente su oggetti metallici (bidoni, tubi) e di elettronica minimale».
I Massimo Volume presentano «Cattive Abitudini» (La Tempesta), l’album del loro ritorno, a distanza di 11 anni dall’ultimo cd ufficiale (nel mezzo: una rottura che sembrava insanabile, fino alla reunion per alcuni live nel 2008). Il nucleo è pressoché quello originario: Emidio Clementi (voce e basso), Vittoria Burattini (batteria), Egle Sommacal (chitarra) con l’innesto di Stefano Pilia (chitarra). Anche la ricetta musicale non si discosta dalle origini: un robusto post-rock che incontra la letteratura grazie ai testi scritti e recitati da Mimì Clementi. Il percorso della band è anche raccontato nel libro scritto da Andrea Pomini “Tutto qui – La storia dei Massimo Volume” uscito per Arcana. Ora è in arrivo uno split EP condiviso con i Bachi Da Pietra, sempre per La Tempesta.
«Per noi è stato un bel ritorno», dice Clementi, «Eravamo molto soddisfatti, a disco registrato. Poi i feedback sono sempre una sorpresa. Per fortuna l’album è stato accettato molto bene. È stato più o meno messo alla pari dei dischi precedenti e questo mi fa molto piacere».
Del libro uscito per Arcana che ne pensa?
«Sono cresciuto con i volumi dell’Arcana, è una casa editrice di prestigio e già per questo sono contento. E poi mi piace l’idea del libro perché è un libro corale, dove parlano tutti i nostri amici, tutta la gente che in questi anni ha attraversato la nostra strada. È uno spaccato della scena italiana dal 1993 ad oggi e non semplicemente un volume celebrativo sui Massimo Volume (che mi sarebbe interessato meno)».
«Cattive Abitudini» è stato registrato in presa diretta?
«Avevamo dei vincoli precisi e credo che li abbiamo sfruttati a nostro vantaggio e questa è stata la forza di usare l’analogico».
Negli anni in cui i Massimo Volume sono stati divisi siete rimasti comunque in contatto?
«Assolutamente. Con Egle ho fatto dei reading, Vittoria ha partecipato al mio progetto El Muniria, abbiamo presentato uno spettacolo inedito a San Francisco. A livello umano non è mai terminata l’amicizia tra noi».
Dal punto di vista dei testi c’è un filo conduttore?
«Era molto tempo che non scrivevo testi. Avevo paura di non farcela, avevo paura del blocco creativo. Poi la lettura di Robert Lowell mi ha sbloccato: è stato l’ispiratore di tutti i brani, che mi sono usciti in velocità ed è stata una sorpresa anche per me, perché di solito sono abbastanza lento nella scrittura».
Agli esordi vi sareste aspettati tutto questo seguito?
«Probabilmente no, ma una storia musicale come la nostra la si vive anche con una certa dose di inconsapevolezza, le cose accadono senza che te ne accorgi. Ora si parla della scena musicale degli anni ’90 come di un periodo fondamentale, ma mentre lo vivevamo non avevamo la consapevolezza che fosse un momento seminale. Quindi è strano aver fatto un po’ la storia della musica alternativa italiana».
Nel libro si legge che Ligabue era un vostro fan.
«Durante la registrazione di “Lungo i Bordi” è stato una presenza molto discreta in studio, c’era una grande stima da parte sua. L’ho sempre trovato una persona molto gradevole».
Il disco è uscito per la pordenonese Tempesta, com’è stato lavorare con Davide Toffolo e soci?
«Ci siamo trovati benissimo, era quello che stavamo cercando: un’etichetta che fosse sulla nostra lunghezza d’onda. Un’esperienza splendida. Se faremo un altro disco spero che sarà con loro».
La sua attività di scrittore?
«Il prossimo libro sarà di racconti, come centro avrà l’umanità che ruota intorno al mondo della musica. Per la prima volta mescolo le due cose».
Elisa Russo, Il Piccolo 26 Marzo 2011