«Quando ero ragazzino tutti i primi film horror li ho visti proprio qui, grazie al cineforum della Cappella Underground, la passione per “Dracula” nasce a Trieste». In città l’emiliano Massimo Zamboni ha una parte della famiglia (rinomati farmacisti) e per questo l’ha sempre frequentata. Sabato ritorna con la sonorizzazione dal vivo di “Dracula” di Tod Browning per la rassegna “Sound&Vision” al Miela alle 21.30. Chitarrista, cantautore, compositore, scrittore, storico fondatore di CCCP – Fedeli alla Linea e Csi, Zamboni sarà accompagnato dal polistrumentista Cristiano Roversi e il percussionista Simone Beneventi.
È davvero così legato al Friuli Venezia Giulia?
«Senza piaggeria: lo adoro. Una terra sorprendente, sobria, asciutta, a volte severa e questo mi piace molto. E poi mi piacciono le terre di confine, che hanno dentro una forza che percepisci subito. Quando arrivo a Trieste mi sento al centro del mondo, non in periferia, con il richiamo di quello che c’è al di là della frontiera. Da piccolo andavo alla stazione di Trieste e leggevo sul tabellone dei treni Budapest, Istanbul, Vienna, Mosca e mi infiammava pensare di partire da lì e scendere dal treno a Mosca, per me era un sogno. Perché sono terre di mezzo».
Il suo luogo del cuore a Trieste?
«Cavana mi piace molto anche se mi affascinava quella tetraggine scura, anche un po’ pericolosa di trenta – quarant’anni fa, con le vecchie librerie piene di polvere e di storia. Piazza Unità, l’acquario in cui andavo da bambino. A 18 anni partivamo da Reggio Emilia per venire in una discoteca microscopica, Casanova, dove si ascoltavano i primi punkettoni jugoslavi, si sentiva musica che da noi non era ancora arrivata, in uno spazio strettissimo e rimbombante pieno di gente diversa, mi sembrava di un fascino assoluto».
Al Miela sabato cosa portate?
«Un film storico importantissimo del 1931 con un attore straordinario come Bela Lugosi e un regista altrettanto straordinario come Tod Browning, che ha dato il via a tutta una serie di rifacimenti, un archetipo della figura di Dracula. Ci siamo lasciati incantare da questa recitazione molto teatralizzata che il regista imposta ai suoi attori e poi anche dalla pronuncia di Lugosi che masticava appena l’inglese e lo fa con questo modo così solenne; ho letto su Il Piccolo che Lugosi nel 1920 partì in cerca di fortuna negli Usa proprio da Trieste, altra coincidenza. Anche se è uno dei primi film parlati ci sono molte scene senza dialoghi, quindi musicarlo è stato un piacere, abbiamo cercato di farlo con strumenti molto diversi che si incrociano tra loro, dal vibrafono e le percussioni di Beneventi alla tastiera di Roversi alla chitarra e canto che sono i miei strumenti, con partitura fissa, mai improvvisando».
La prossima settimana esce il suo nuovo album “La mia patria attuale”, che disco è?
«Sarà un cambio per quello che mi riguarda: ho composto le parti di chitarra ma ho chiesto poi ad altri di suonarle, c’è un ingresso molto più decisivo della mia voce, quello che vorrei fare è questo: cantare e scrivere i testi».
Nel suo ultimo libro “La trionferà” (Einaudi) c’è anche un episodio che si svolse a Trieste.
«Da ingenui ragazzini militanti, pensavamo di poter impunemente venire a Trieste, staccare i manifesti del Fronte della Gioventù dai muri e passarla liscia, perché era ovvio che tutti sarebbero stati d’accordo con noi. E invece abbiamo trovato immediatamente due giovanottoni che per quella volta ci hanno graziato, ma ce la siamo vista brutta».
Elisa Russo, Il Piccolo 13 Gennaio 2022
