Venerdì alle 22.15 i Modena City Ramblers sono in concerto a Borgo Grotta Gigante, nell’ambito del festival Guča sul Carso. La serata prevede anche: dalle 18 lo spettacolo itinerante – fanfara di Elvis Bajramovic, Eusebio Martinelli & Gipsy Abarth Orchestra alle 20.30, Radio Zastava alle 21.30, Bim Bum Balaton dj set.
Attivi dal 1991, i MCR presentano il loro tredicesimo album «Niente Di Nuovo Sul Fronte Occidentale» (Mescal/MCRecords – distribuito Universal).
Franco D’Aniello (flauti, tromba, sax e uillean pipes) racconta: «Siamo molto soddisfatti di questo periodo. Sia le presenze ai concerti che le risposte del pubblico all’ascolto del cd sono state ottime. Abbiamo ricevuto tanti complimenti soprattutto dalle persone più critiche e questo ci ha fatto naturalmente molto piacere».
Siete in pista da tanti anni, avete un pubblico molto fedele e appassionato che non vi abbandona mai, qual è il “segreto” della vostra longevità e del vostro successo?
«Non crediamo ai segreti o alle pozioni magiche, crediamo nella coerenza e nell’onestà intellettuale. Ci divertiamo molto noi in primis, a scrivere canzoni e a suonarle e questo la gente lo sente e si sente sempre parte del progetto Modena City Ramblers. La fedeltà ce la siamo conquistata dandola noi per primi a chi ci viene ad ascoltare».
Si sente spesso dire che un gruppo suona “alla Modena City Ramblers”, che effetto vi fa essere presi a modello?
«Noi stessi ci siamo rifatti a modelli preesistenti, i Pogues per primi. È una caratteristica del folk rifarsi a modelli da mescolare tra di loro. Però è molto bello essere di ispirazione a qualcuno».
Avete vissuto sulla vostra pelle anni di grossi mutamenti (qualcuno ha parlato di morte della discografia): è stato davvero così catastrofico?
«Direi di sì. Il mercato discografico è crollato, artisti che vendevano magari un milione di copie per cd solo una decina di anni fa ora hanno vendite che arrivano a poche decine di migliaia. A volte nemmeno copri le spese. Rimane il live che però si scontra con la crisi economica. Insomma, non è proprio il momento migliore per pensare di avviarsi verso una carriera musicale. Speriamo che si chiuda presto un ciclo catastrofico e che se ne apra uno splendente. Bisogna avere però una gran dose di ottimismo. Cosa che di solito hanno le generazioni giovani».
Che cosa c’è invece di funzionante?
«Ci sono molte produzioni indipendenti interessanti, citarne alcune e non altre sarebbe riduttivo. Hanno tutte molta passione, ingrediente fondamentale per un artista».
Le band che hanno dei testi “impegnati” sono sempre meno. Come se ci fosse stato un ritorno dal collettivo al privato. Che cosa tiene accesa la vostra fiamma e il vostro impegno?
«Non credo sia una questione di meno, di numeri. I gruppi impegnati ci sono ancora, è calata la loro visibilità. Noi abbiamo la fortuna di avere un bel pubblico, non è così per tanti gruppi che scrivono canzoni politicamente e socialmente impegnate. La nostra fiamma rimane accesa perché di benzina che la alimenta ce n’è a vagonate. Basta essere solo un po’ informati di cosa succede nel mondo e sfido chiunque a non vedere le cose per la loro essenza».
Che idea avete del Friuli Venezia Giulia?
«Personalmente ho una buona conoscenza della realtà friulana avendo fatto un anno di militare sul carso negli anni ‘80 e continuandola a frequentare anche successivamente. L’ho vista passare dal boom economico, quando gli jugoslavi arrivavano in massa a comprare jeans alla stazione, alla crisi più nera con un tasso di emigrazione giovanile altissimo. Ora mi sembra una regione riqualificata dal punto di vista turistico. Sicuramente una regione molto a misura d’uomo, senza quella frenesia di regioni più sviluppate dal punto di vista industriale».
Prossimi progetti?
«L’estate sarà piena di concerti, di km, di sole e speriamo di gente. In cantiere abbiamo alcuni progetti che riguardano il teatro ma che sono ancora abbozzati per poterne parlare approfonditamente».
Elisa Russo, Il Piccolo 12 Luglio 2013