«Queste canzoni sono ancora vive. La gente si mette a cantarle con noi. Probabilmente anche per riviverle, perché fanno parte dei loro ricordi. E c’è ormai una terza generazione che le canta. Sono parte della cultura del nostro paese»: “Mogol racconta Mogol”, sabato alle 20.45 nella piazza del Municipio a Talmassons, con l’Orchestra Sinfonica dell’Accademia Naonis diretta da Valter Sivilotti, autore anche degli arrangiamenti, e la voce di Michele Cortese (vincitore di X Factor nel 2008). L’evento darà spazio anche all’esibizione delle tre vincitrici del contest #LaMusicaNonSiFerma, lanciato sul web durante il lockdown del 2020 da ArteVoce Academy: saliranno alla ribalta Caterina Elena Spiganti (Arezzo), Margherita Pettarin (Gorizia) e Consuelo Avoledo (Valvasone-Arzene). «Presenteremo una serie di canzoni mie – racconta Giulio Rapetti Mogol, poeta della canzone italiana al fianco di Lucio Battisti, Cocciante, Mina, Mango, Celentano, Morandi, Dalla – con la splendida orchestra del grande Maestro Sivilotti. Poi ci sono queste ragazze che cantano. Io racconto la storia dei miei testi, molto spesso ci ho messo dentro la mia vita e spiegando certe cose la gente li capisce ancora di più. È uno spettacolo che riempie i teatri, le piazze, coinvolge un numero di persone incredibile».
Mogol, che effetto le fa sentire queste canzoni reinterpretate da altri?
«Sono di solito fedeli all’originale, le parole e la musica sono quelle. L’effetto io lo ricevo dal pubblico, mi emoziona il loro partecipare».
Questo calore la ripaga dalla fatica che essere in tour comporta?
«Esatto, una partecipazione così grande e sentita è come la luce del sole: non può stancare, è una cosa sempre gradita».
Grazie alla sua scuola, il Cet, è sempre a contatto con i giovani. Si sente ancorato al presente o le capita di essere nostalgico?
«Sono proiettato nel futuro, sono pieno di idee, non mi focalizzo mai sul passato: lo rivivo con piacere attraverso le canzoni, ma guardo avanti».
Da ex sportivo (fondatore della nazionale cantanti), oltre che nella musica in cosa è impegnato?
«In un progetto di prevenzione primaria, con un comitato scientifico a cui hanno aderito 24 grandi medici. La pandemia ci ha insegnato molto: la salute è nelle nostre mani».
Fin dai tempi del viaggio Milano-Roma a cavallo con Battisti ha a cuore il tema dell’ambiente?
«Per questo trent’anni fa ho scelto di vivere in mezzo ai boschi e ne ho beneficiato, respiro aria buona, è importante vivere una vita sana e avere un buon sistema immunitario».
Esiste un nuovo Mogol?
«Il mio erede è mio figlio, Cheope, è molto bravo, autore di tanti successi, poi c’è Giuseppe Anastasi, che è un grandissimo autore della nostra scuola, ha scritto molte canzoni di Arisa. Ma il problema è che le canzoni non vengono più cantate dalla gente, non le assorbono a sufficienza».
Quanto conta il talento e quanto lo studio?
«Tutti nascono con un talento innato, ma finché non lo coltivi non sai di averlo».
E l’ispirazione cos’è? Una sorta di dono divino?
«È la capacità di capire cosa sta dicendo la musica, frase per frase. Devono dire la stessa cosa. Se si ascolta “Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi” si sente che la musica dice quello che dicono le parole».
Vuole smentire qualcosa che è stato scritto o detto su di lei?
«Non ho mai letto qualcosa che non sia vero. Ecco, non mi piace quando chiamano noi autori “parolieri”: il paroliere fa la settimana enigmistica. È come chiamare un giornalista giornalaio, è una questione di rispetto».
Elisa Russo, Il Piccolo e Messaggero Veneto 27 Agosto 2022

