La Fiera della Musica di Azzano Decimo annuncia il tutto esaurito per il concerto di Iggy Pop e Gang Of Four, venerdì. Ancora disponibili i biglietti per Marc Almond giovedì e per il doppio appuntamento di sabato, con White Lies e Baustelle.
I Baustelle, una delle band più innovative, raffinate e di spessore del panorama musicale italiano saliranno sul palco con la formazione allargata, spiega Francesco Bianconi: «Stiamo suonando con una band di otto elementi, una formazione rock con l’aggiunta del GnuQuartet, siamo molto contenti di come stanno andando i concerti».
A Trieste non avete mai suonato?
«Soltanto un breve passaggio con il Festivalbar. Ho un ricordo molto bello della città».
Che effetto vi fa essere gli unici italiani tra Marc Almond, Gang Of Four, Iggy Pop, White Lies?
«Ne sono onorato, sono nomi che ammiro e quindi siamo contenti di fare parte di un cartellone internazionale, con artisti che stimiamo».
Cosa chiederesti a Iggy Pop?
«Se ricorda cosa ha provato la prima volta che ha cantato “1969” dal vivo».
Ti è capitato di incontrare qualche idolo di gioventù?
«Patti Smith, la scorsa estate a Firenze. È stato molto bello. Come certi grandi, ha questo alone di santità. Io non credo a tutte queste balle sulle “vibrazioni” però in certi casi vedo delle persone che hanno carisma, che hanno raggiunto una pace interiore e che riescono a trasmetterla anche alle persone che hanno accanto, e questa cosa mi è successa con Patti Smith».
Che effetto ti fa essere considerato a tua volta un mito per qualcuno?
«Mi fa piacere ovviamente. Sarei ipocrita a negarlo. Il mestiere del musicista è bello anche per questo. Hai delle continue attestazioni di stima e di affetto anche da parte di persone che non conosci. È un mestiere che ti fa sentire amato. Noi che facciamo questo lavoro siamo dei privilegiati. Tutte le persone hanno bisogno di sentirsi amate e di avere spinte maggiori alla vita».
Ad Azzano c’è anche un concorso per band emergenti. I Baustelle hanno partecipato a concorsi in passato?
«Abbiamo partecipato, tantissimo tempo fa, ad un concorso che si chiamava Emergenza Rock e abbiamo vinto. Il premio era andare a suonare in un locale a Londra, con mini-vacanza ed è stato molto divertente».
Ti è capitato invece di fare il giurato in qualche concorso, di valutare il lavoro di altri?
«No, non mi piacciono i concorsi, non mi piacciono le gare. Il giurato è un mestiere che non mi interessa».
Tempo fa avevi lanciato una polemica, avevi detto che te ne saresti andato dall’Italia. Che sviluppi ci sono stati?
«Credo quasi nulli, nel senso che onestamente la mia era una provocazione. Chi, come me, non è d’accordo con il clima culturale e politico che c’è nel nostro paese e chi ha la possibilità di dire delle cose e di essere ascoltato dai giornalisti, deve avere il coraggio di dirlo, di manifestarlo un po’ per sensibilizzare l’opinione pubblica. Io l’ho detto. Non era un “domani me ne vado”. Era un invito ai colleghi a dire: “a me l’Italia non piace e non piace a tal punto che potrei anche andarmene”. Prima di me anche Umberto Eco e Franco Battiato avevano lanciato delle provocazioni simili».
Sono passati più di due anni dal tuo sfogo, e le cose vanno anche peggio…
«Secondo me vanno anche peggio sì. Infatti forse dovrei farne un altro di appello».
Eh sì dài. Poi vediamo come va stavolta!
Premesso che non è facile tracciare confini netti, possiamo dire che esiste il mainstream e l’underground. I Baustelle sono in una terra di mezzo?
«Sì i Baustelle purtroppo o per fortuna sono in una terra di mezzo. Anzi cancello il purtroppo. Per fortuna. Forse è anche sbagliato parlare di mainstream ed underground in un momento storico in cui le major stanno morendo… spero che si torni a parlare di musica indipendentemente da chi la vende, che sia una piccola cooperativa oppure una grossa multinazionale. Se quest’era deve finire la cosa buona è che si ricominci a parlare di musica e non di marketing».
Voi ad un certo punto avete deciso che la musica è un lavoro a tempo pieno. Però ci sono molti musicisti in Italia che continuano ad avere anche altri lavori.
«Nell’era in cui stiamo vivendo, in cui i dischi non si vendono più, sei costretto per vivere a fare anche altri mestieri. Io l’ho fatto fino ad un certo punto. Non è facile campare di musica. Forse il musicista sarà sempre di più un lavoro part time. Questo non mi trova d’accordo, per me alla musica bisogna dedicare tempo pieno.
Io avevo un lavoro che mi dava uno stipendio e l’ho lasciato per dedicarmi alla musica. Nella vita si fanno delle scelte, ad un certo punto. Sono rischiose. Io penso di essere stato fortunato, ho rischiato ma alla fine ha pagato».
Elisa Russo, Il Piccolo 17 Luglio 2010