«Nuove mappe del paradiso – una autobiografia ucronica di Marco “Makkox” Dambrosio»

Una garanzia a chiusura dei programmi condotti da Diego “Zoro” Bianchi (dal 2013 Gazebo su Rai3 e dal 2017 Propaganda Live su La7) è quel perfetto connubio tra cartoon, poesia e una colonna sonora da brivido, introdotto dalla formula di rito: “il capolavoro del genio Makkox”. “Capolavoro” e “genio”: due parole impegnative, ma ben spese. Potrebbe bastare anche la sola visione di quei lavori per piazzare il disegnatore Makkox (che dei programmi sopracitati è anche mente e spalla “comica”) sul podio dei più grandi e non porsi altre domande su di lui. Ma la curiosità ha le meglio: qual è la storia di quell’omone dal fascino tutto suo, fatto di barba, capelli ricci indomabili, un’immancabile camicia sgualcita, tanta ironia e arguzia? Poco si sa, e considerando l’anno di nascita – 1965 – si evince abbia cominciato a intraprendere con fortuna la carriera attuale relativamente tardi. A molte domande, ma non a tutte (nessun cenno alla vita sentimentale e neppure un racconto più che tanto approfondito sull’incontro con Zoro) si trova risposta leggendo il piacevolissimo «Nuove mappe del paradiso – una autobiografia ucronica di Marco “Makkox” Dambrosio» scritta con Nicola Mirenzi (People Ed, 240 pagg, 19,50 euro). La prefazione è di Pippo Civati che scrive: «Il genio non lo puoi spiegare, nemmeno per scherzo, nemmeno con ironia. Forse solo per sbaglio, a volte, ne cogli un aspetto. Come un lampo». Prima di arrivare all’irresistibile episodio di Makkox invitato da Mattarella al Quirinale «Io in jeans, ché pantaloni buoni non ne ho mai avuti, con una giacca che non mi si abbottonava davanti, una cravatta imprestata, il mio disegno incorniciato sottobraccio» (il presidente volle per sé una tavola dedicata al bambino del Mali annegato in fondo al mare, “con la sua pagella di tutti dieci cucita nel giacchetto”), sicuramente tra i momenti più alti della carriera del disegnatore nato a Gaeta, si leggono pagine davvero divertenti sulle esperienze lavorative intraprese nel corso degli anni. Benché Dambrosio disegnasse sempre e da sempre, ci mette parecchio a capire di poterne cavare qualche lira e allora eccolo a barcamenarsi in lavori di fatica: dalla segnaletica stradale al volantinaggio, dal traslocatore al bagnino. La piscina di notte però ha il suo fascino, tanto da ispirargli un disegno per il centro fumetto Andrea Pazienza, in cui un tuffatore è nel vuoto prima dell’impatto con l’acqua: «lì dove ti teneva Paz sospeso per ore». Lavora in una cava quando il destino cerca di dirgli qualcosa: un collega camionista gli commissiona un disegno e glielo paga con una moto Suzuki. Si licenzia, prende un anno sabbatico, compra un pc e studia i programmi di grafica, nel 2008 è disegnatore ufficiale di vignette e fumetti. Tra i suoi meriti c’è pure quello di aver prodotto il primo Zerocalcare, “La profezia dell’armadillo”, rifiutato da diversi editori: «Il resto è Storia. Zerocalcare oggi in Italia vende tipo Harry Potter e ha un editore vero». Poi arriva la tv, quasi per caso: la prima esperienza non è delle più felici (chiamato da Luca Bizzarri a Mediaset come autore di Scherzi a Parte), va un po’ meglio con la Dandini finché entra nella squadra vincente di Diego Bianchi, Andrea Salerno e Marco Damilano “un trio di samurai ronin della politica”. Anche se, con una certa umiltà, continua a definirsi “un imprestato, uno che in televisione ci sta per caso”, con la convinzione che “Gazebo e Propaganda Live mi hanno dimostrato che uno come me può imparare a migliorarsi”.

Elisa Russo, Il Piccolo 15 Dicembre 2020

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