«Nel libro sui Timoria del 2001 che uscì dopo il successo di “Sole Spento” c’è la famosa frase “Se non fossi nato a Brescia vorrei essere nato in Friuli”»: non dice tanto per dire, Omar Pedrini, quando parla del suo rapporto con la nostra regione. «Tra i concerti top degli anni ’90 – racconta – ricordo quello indimenticabile al Castello di San Giusto, in una Trieste che avevo nel cuore fin dalla mia tesina di diploma su Svevo. Nei primi ’90 arrivai a Friuli Doc (suonarci è stato poi coronare un sogno): un amore a prima vista. Il vino è una cosa seria, una cultura: partendo da Udine e Pordenone arrivando fino al Collio e ai confini ad Est (penso a Josko Gravner) si fanno delle eccellenze. A Pordenone c’è la mia agenzia, bpm. Visito spesso il centro Pasolini di Casarsa. Ancora: “il tour dei due matti”, con l’amico Mauro Corona a Pordenonelegge. Anzi, speravo di tornarci con il mio nuovo libro ma non mi hanno chiamato: lancio un appello!». Venerdì sera aggiunge un tassello a questo solido legame proponendo al Music in Village di Pordenone (ingresso gratuito prenotazione obbligatoria) l’unico concerto con la band al completo. Quest’anno si è celebrato il 25esimo anniversario del quinto album dei Timoria “2020 Speedball”: «Avremmo dovuto portarlo in tour – prosegue Pedrini – se non ci fosse stato il blocco. Un lavoro che oggi tutti definiscono profetico, in effetti 25 anni fa purtroppo avevo azzeccato i pericoli a cui stavamo andando incontro, molti hanno ricelebrato quel lavoro non solo per la musica ma anche per i contenuti dei miei testi. L’ossatura del concerto di Pordenone sarà proprio quel disco dei Timoria, un concerto speciale, un’occasione per ora unica. Sono molto felice ed emozionato e spero che anche il pubblico che verrà a Pordenone proverà lo stesso, ringrazio gli organizzatori». Il cantautore e chitarrista bresciano è riuscito comunque a girare l’Italia quest’estate: «Un po’ come i miei miti Neil Young e Bob Dylan – spiega – io ho da sempre il calendario aperto, sono trent’anni che sono in tournée perché non aspetto mai la liturgia nuovo disco-promozione-tour, ho un repertorio vastissimo avendo pubblicato quasi 18 album tra Timoria e dischi solisti e cambio continuamente scaletta (a parte quelle 5 hit che non possono mancare), mi muovo sia con la band che in duo acustico; essendo un cane sciolto della canzone mi gestisco quasi da solo, quindi quest’annata per una volta è stata la mia fortuna perché mi bastava rispondere al telefono per fissare una data. Sono riuscito a fare una quindicina di date in acustico, in cui inserisco anche una parte di reading. In più ho portato in giro due spettacoli a teatro, uno con Alessio Boni e ora “La ballata di John & Yoko” dedicato all’ultimo periodo della vita di Lennon, visto che a dicembre ricorrerà il quarantennale dalla sua morte». Conclude con un commento sulle nuove modalità che regolano i live: «Ho trovato situazioni completamente diverse a seconda degli organizzatori. A teatro: straordinariamente attenti per distanziamento, mi hanno dato dei bodyguard che alla fine controllavano che le persone venissero a salutarmi uno alla volta, con la mascherina che magari ci si abbassa un attimo, il tempo di un selfie. Un paio di volte, invece, mi sono trovato in serio imbarazzo perché ero letteralmente circondato da una ventina di persone, non sono capace di sottrarmi ma essendo cardiopatico sono categoria a rischio, i fan mi amano ma devono rendersi conto che così ci si espone a un rischio».
Elisa Russo, Il Piccolo 25 Agosto 2020