OMZA «Otto Maddox Zen Academy»

S’intitola «Otto Maddox Zen Academy» il debutto discografico dei triestini Omza. Numi tutelari: dai Rolling Stones ai Queens Of The Stone Age. Propongono un power pop psichedelico con sonorità potenti, c’è la melodia dei Beatles mescolata con l’hard rock corposo e sorretta da un’impostazione anni Novanta, (post) grunge, (post) stoner: «Abbiamo uno stile ritmico particolare, suoniamo molte cose sincopate, tipicamente anni Novanta, con giri circolari, come certe cose dei Nirvana – dicono – se potessimo suonare come un ibrido tra My Bloody Valentine, Led Zeppelin e Black Sabbath saremmo felici. Non ragioniamo in un’ottica di genere ma seguiamo il nostro istinto».

Gli Omza decidono di puntare all’estero e quindi si presentano con i loro nomi d’arte: Jack Shack alla chitarra e cori, Spiral Sanders alla batteria, Paul Goodwind al basso, Tealann Crack alla chitarra solista e voce, Eagle Rogers alla voce. Dietro agli pseudonimi si celano personalità conosciute nella scena rock cittadina, con esperienze in band come Wondernoise, King Bravado, Maxmaber Orkestar, Damned Pilots, Gonzales, Tytus, Authentics, Inflated… la lista è lunga. Inoltre, spiega il cantante: «Gli stessi Omza derivano da un progetto esistito tra il 2007 e il 2009 che inizialmente si chiamava Harriman, poi Dorothy, è in quel periodo che vengono composti alcuni dei brani presenti nell’album, ora riarrangiati». Un lavoro che ha visto una lunga gestazione: «L’esigenza di trovare una buona situazione per registrare nella maniera più professionale possibile e la carenza di un budget di base, per il quale siamo stati “a caccia” per un paio d’anni hanno dilatato molto i tempi, volevamo curare bene la produzione».

«Otto Maddox Zen Academy» è stato registrato da Francesco Bardaro e Alessandro Perosa al Track Terminal Studio: «Ci sono brani originali più la cover di “Moonage Daydream” di David Bowie; i nostri pezzi cercano una sintesi personale di hard rock power pop e psichedelia con un approccio contemporaneo. Alla grafica ha lavorato Piero Boncompagno, includendo foto di Damiano Tommasi e i testi delle canzoni, alle bozze hanno collaborato Eleonora Biondi e Carlotta Viviani». Il disco ha alle spalle due etichette: Brigante e Vollmer Industries. Ancora il frontman: «Abbiamo già avuto delle buone recensioni e feedback, è molto interessante leggere l’opinione della critica, perché t’inquadra e ti fa capire cosa gli altri sentono nella tua musica». Nel frattempo è uscito anche il videoclip del brano “Dune”, realizzato da Damiano Tommasi, tra cut up di immagini di repertorio e riprese della band dal vivo. «Stiamo lavorando per trovare date e stiamo pensando anche al disco successivo, per il quale abbiamo già del materiale», aggiunge Eagle, che conclude con uno sguardo alla musica cittadina: «La scena triestina è florida, c’è un gran fermento, il rock e il metal sono sempre andati alla grande. Quelli che stanno facendo di più sono i Grime, forti anche i Borgonaut, i Tytus e i Glory Owl; per il rock il non plus ultra sono i TSO, grandi anche Concrete Jelly ed Elbow Strike. Una menzione speciale va a Karnokkorok che ha inviato il suo alter ego negli States a suonare la batteria con i Mentors, gruppo davvero micidiale. Ma i live rimangono un problema, con la chiusura del Tetris è difficile pensare ad altri locali dedicati ai concerti di quel tipo. Negli anni sono cambiate molte cose e la motivazione che spingeva a mettere su situazioni come Tetris o Etnoblog non viene percepita dalle nuove generazioni che si pongono prevalentemente come fruitori».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 13 gennaio 2018

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