IL PICCOLO RUBRICA DISCHI, PJ HARVEY E PAOLO BENVEGNù

ARTISTA PJ Harvey
TITOLO «Let England Shake»
ETICHETTA Island/Universal

Certi nomi sono una garanzia. Quello della cantautrice britannica PJ Harvey lo è sicuramente. Un’anima così vasta ed una sensibilità artistica tale da lasciare sempre senza fiato. E sorprendere. Perché ogni suo lavoro è spiazzante, diverso dal precedente. Questa volta stupisce con un concept album sull’Inghilterra, intitolato «Let England Shake» (Island/Universal), ottavo capitolo in studio della sua carriera.
Dopo aver scandagliato sé stessa con il precedente «White Chalk», l’artista del Dorset amplia lo sguardo e lo fa con un disco politico, a suo modo. Dal sé al mondo, con un invito accorato, un incitamento al suo buio e malconcio Paese affinché possa uscire dal baratro. Scuotiti Inghilterra, scuotiti! Dall’oltremanica sono arrivati in passato movimenti culturali e musicali, tendenze, spinte economiche, la speranza della Harvey è che il suo paese possa essere il fulcro di una nuova rivoluzione, di una nuova rinascita a diversi livelli. «Spero che le persone che ascolteranno il disco possano provare indignazione, trovando però il coraggio di reagire»; la cantante ha anche espresso la speranza che gli studenti europei che scendono in piazza possano usare le sue canzoni come inno di protesta.
Le parole sono importanti, tanto che i testi sono nati prima delle musiche, con la pretesa di avere indipendenza letteraria ed avere senso anche se letti come poesie. Poesie a volte crude, piene zeppe di riferimenti alla guerra e ai campi di battaglia, con riferimenti storici precisi (la battaglia di Gallipoli, per esempio) e dettagli macabri («Ho visto e fatto cose che voglio dimenticare/soldati che cadono come pezzi di carne» recita «The Words That Maketh Murder»). «Questo non è un album sulla guerra, è un album sul mondo in cui viviamo e la guerra ne fa parte», precisa l’autrice. «Let England Shake» è stato registrato in una chiesa sconsacrata nel Dorset, tra i musicisti che hanno collaborato due che l’accompagnano da molto: Mick Harvey e John Parish. Al rock (con richiami al rock’n’roll classico, anni ’50) s’intreccia il folk (non a caso è stata accostata alla reginetta del folk statunitense Joanna Newsom), con il massiccio utilizzo dell’autoharp (strumento molto utilizzato da June Carter Cash) e nuove fugaci incursioni (le trombe dei bersaglieri). Se il timore più grande di PJ Harvey, come ha dichiarato in un’intervista, è quello di ripetersi, per ora può stare tranquilla. Per chi volesse verificarlo anche dal vivo, PJ sarà in concerto per un’unica data italiana il 6 Luglio a Ferrara.

ARTISTA PAOLO BENVEGNù
TITOLO «HERMANN»
ETICHETTA La Pioggia Dischi/Venus

Anche il cantautore lombardo Paolo Benvegnù, come PJ Harvey, realizza un concept album. E come la collega d’oltremanica lo fa spostandosi dall’interno (“In passato avevo parlato molto dei miei sentimenti, ora ho esaurito l’argomento”) all’esterno, tracciando addirittura una storia dell’uomo. Ripercorrendo i classici, dai miti dell’antica Grecia, alla Bibbia, alla letteratura moderna. Perché la storia si ripete. Il grande lavoro sui testi è il fulcro di «Hermann». E poi c’è l’amore, la passione, la dedizione con cui Paolo e i suoi Benvegnù si sono dedicati a questa nuova creatura: ciascuno ha portato la sua parte per dar vita ad un album solenne e raffinato, forse il più completo e convincente della loro carriera. Un disco che ti porta ad «amare ogni cosa perché non c’è altro da fare».
In Italia gli autori, i parolieri capaci di regalare dignità poetica ai testi da mettere in musica sono davvero pochi. Ecco perché uno come Benvegnù dovrebbe essere tutelato come patrimonio nazionale: se ne sono rese conto grandi artiste come Mina ed Irene Grandi, che hanno interpretato brani da lui composti.


Elisa Russo, Il Piccolo 18 Marzo 2011 

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