La puntata precedente l’ho chiusa, lo ricorderanno i più attenti, con un paio di mutande maschili.
Siccome ci tengo alla logica e sono una che sa tenere il filo,

riprendo proprio da lì.

Dalle mutande.

Anche questa volta sono strettamente legate alla musica.

Infatti trattasi di mutanda d’artista.

I Russos sono andati in trasferta a Milano, per vedere Edda che Odia i Vivi dal Vivo.

Il concerto è stato molto bello, intenso, rabbioso.

Anche caotico, a tratti, ma la passione colma le imperfezioni. Anzi, le valorizza.

Perché tutto è Edda tranne che perfetto.

Annuncia subito al pubblico che si toglierà un indumento ad ogni canzone ben riuscita (che a suo dire sono una ogni dieci).

Fattosta che di indumenti ne ha assai pochi,

e quindi si ritrova ben presto a culo nudo.

Dopo di che ne indossa un altro paio eh, per il resto del concerto.

E un paio, per un po’ se le tiene in testa a mo di copricapo.

Ora, voglio vedere quanti della scena indie, con il ciuffo bello pettinato, farebbero una cosa del genere. Mi dirai che non ha senso farlo? Ne ha eccome, perché è dissacrante. Fuori luogo. Spiazzante. Bizzarro. Il pubblico è lì per vedere uno spettacolo. E spettacolo sia.

Questo è il punk in Italia nel 2012, ha scritto qualcuno: è esattamente così.

 

Ora potrei parlarvi del concerto che è stato molto bello,

ma ultimamente sembro un po’ monotematica.

Ultimamente eh.

Era importante giusto l’aggancio tematico con la mutanda.

Milano, d’altro canto, che Gilardino ha definito “la grande oliva” io la definirei la grande mutanda.

È una città con tutti i sensi del mondo, e quindi priva di senso.

Ci sono un sacco di stimoli, luoghi, colori, gente.

Gente, gente, gente.

Milano è una jungla.

 

Ogni volta che torno da lì, nel momento in cui il finestrino del treno mi mostra che il cielo s’incontra di nuovo con il mare mi si stampa un sorriso ebete in volto: “Grazie dio, grazie per non avermi fatto nascere in Africa, in Siberia o a Milano. Prometto che farò la brava anche in questa vita, così non mi farai finire in nessuno di quei posti anche nella prossima eventuale reincarnazione”.
A Milano devi muoverti velocissimo, se no sei un ingombro.

Per citare un amico milanese, serissimo dopo aver preso una multa: “uèèè non ero passato con il rosso. Avevo anticipato il verde”. Non fa una piega. Lui è milanese, è veloce, è proiettato nel futuro. È in anticipo.

Un triestino non può capire il rapporto conflittuale dei milanesi con l’automobile e gli spostamenti.

A Trieste di notte puoi raggiungere qualsiasi punto della città in 10 minuti, quindi in qualsiasi locale tu sia, potrai sempre dare o ricevere un passaggio.

A Milano, percepiscono qualsiasi distanza con un senso di infinità invalicabile.

Neanche le praterie del Far West.

Le distese dei film di Sergio Leone.

Infatti sparerebbero al vicino di casa piuttosto che affrontare certi spostamenti.

Un “no se pol” alla milanese.

I tempi di sopportazione di un milanese, sono minimi.

Dopo mezz’ora, in media, già non ne può più di te.

Dove vai, comunque non vedono l’ora che togli le tende.

Anche se paghi.

Sei comunque un ingombro.

Sei un bradipo triestino.

In albergo devono pulirti la stanza, in bar devono lavarti il bicchiere mentre ancora stai bevendo.

Di sabato sera trovare un posto al volo in una pizzeria decente è un’utopia, e allora ci si ritrova nella cosiddetta pizzeria dei pezzenti (in cui praticamente condividi il tavolo con degli sconosciuti, mangi una pizza probabilmente scongelata nel microonde due secondi prima ed il cameriere indiano ti punta appena hai finito il penultimo boccone). Cioè, le robe ti restano sullo stomaco. Questo produce gastrite nel milanese che si mette alla guida maldisposto, è ovvio.

I milanesi ammazzano al sabato.

I milanesi ammazzano il sabato, soprattutto il sabato triestino. Niente spritz, passo lento da errante, sguardo perso a rimirar el baracchin de Barcola.
Se non ti svegli, ti tirano sotto con il tram. Mica con il tram de Opcine. 

Comunque penso di aver trovato una nuova fissa.

Basta parlare di Edda.

D’ora in poi parlerò sempre e solo di mutande.

Oppure vi potrei parlare di una certa compilation di gruppi indie italiani che rifanno i pezzi degli 883…

 

 

In Orbita, Radio Capodistria Lunedì 09 Aprile 2012

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