Ormai è tradizione della mia rubrica parlare di morti. La rubrica potrebbe presto cambiar nome in: il necrologio di In Orbita. Sempre morti celebri, però. Sono una specie di Carlo Lucarelli. Dei poveri. No eh?
Comunque mi va di spendere due parole su Malcolm McLaren. Produttore, musicista ma soprattutto manager. Creatore dei Sex Pistols, manager dei New York Dolls, secondo qualcuno addirittura inventore del Punk. Ma noi sappiamo che il punk l’ha inventato Miss Xox a Pordenone! Altrochè. Comunque, il povero McLaren è morto di cancro all’età di 64 anni. La sua ultima compagna, Young Kim (38 anni), intervistata dall’Independent on Sunday, ha affermato che McLaren credeva di essere stato esposto all’amianto da quando distrusse il tetto di Sex, il negozio punk di King’s Road che aveva creato con la sua prima moglie, la stilista Vivienne Westwood e che ispirò l’abbigliamento dei Sex Pistols e dell’intero movimento, soprattutto britannico. Quindi mi sembra un modo di ammalarsi molto punk. Esposto all’amianto distruggendo il tetto di un posto che si chiama Sex. Ci vorrebbe davvero Lucarelli ad indagare su sta storia. Si tratta in ogni caso di un incidente, visto che McLaren era uno furbo e a distruggersi ci mandava i vari Sid Vicious. Era furbo non perché mandava gli altri a distruggersi –intendo-, ma perché era uno che a star bene ci teneva. Ammesso che il punk l’avesse inventato lui, aveva ben presente che fosse uno scherzo. Una Grande Truffa.
Scriveva Fabio De Luca nel 2004:
“La prima cosa a colpirti di Malcolm McLaren in fondo la sapevi già da sempre: quest’uomo è un venditore di automobili. Basta che apra bocca per capirlo. McLaren è la classica persona che riuscirebbe a venderti qualsiasi cosa – anche un’automobile usata – con la sola forza del suo parlare. Gli viene naturale, la cosa più naturale del mondo. Ovviamente adesso ti spieghi tante cose del suo passato (cose che, di nuovo, in cuor tuo hai sempre saputo). Il fatto di essere passato alla storia come l’inventore del punk – etichetta filologicamente imprecisa legata al suo pionieristico lavoro di marketing e management sui Sex Pistols – ma soprattutto la sua natura di spericolato contaminatore, di primo vero veicolatore di stili “underground” nella Londra di metà anni Settanta. Le buone intuizioni bisogna anche saperle vendere, no? E’ un fatto che chiunque si occupi o si sia in qualunque misura occupato di stili e di tribù giovanili gli debba qualcosa, o si sia comunque trovato almeno una volta a confrontarsi con le conseguenze del suo trafficare tra musica, moda, grafica, situazionismo e visioni politiche tra estrema sinistra e primato della libera impresa”.
Diceva McLaren: “Qualsiasi dibattito attorno all’arte oggi, qui in Occidente, non può prescindere da due concetti fondamentali: autenticità e karaoke”. “Autenticità e karaoke definiscono perfettamente l’oggi come lo viviamo quotidianamente”, aggiunge: “capire questo significa aver colto la natura più profonda dell’oggi. Il mondo in cui viviamo oggi non è più un mondo reale ma un mondo-karaoke, quindi finto, che per contrasto porta dentro sé un costante inesauribile desiderio di autenticità”.
Non basta dunque avere un talento, bisogna trovare qualcuno che creda in te e sappia venderti?
Questa cosa mi spaventa.
Espressioni come “fare promozione”, “spingere un artista” mi fanno venire la pelle d’oca.
Quanto è lecito spingere?
Mi immagino sto povero artista in cima ad un palazzo con l’addetto stampa che lo spinge verso il bordo…
O il tour manager che affetta l’artista in uno stand al supermercato e lo offre in degustazione ai clienti con i carelli strabordanti…
Immagini brutte insomma.
E l’arte dove la mettiamo? Da parte?
Ok, una spintarella promozionale serve. Ma qual è il limite oltre cui non spingersi?
C’è da dire che le proposte di qualità se ne vanno abbastanza agevolmente in giro per il mondo con le proprie gambe. Più una cosa è scadente, più mi sembra te la vogliono spingere. Prendiamo l’esempio dei dischi:
quelli belli nessuno ti avvisa con 10mila mail che stanno per uscire e poi quando escono devi andare a comprarteli. Magari implorare il negoziante di dartene una copia!
Il secondo disco dei Raconteurs «Consolers of the Lonely» era uscito pressoché in sordina. In un’epoca di spam e pubblicità selvaggia, in cui molte band farebbero di tutto per diffondere la propria musica, questo è un gesto forse un po’ spocchioso ma significativo. A dimostrare che se la musica è di spessore, sarà il pubblico a ricercarla, senza che l’artista gliela propini a suon di battage pubblicitario. Quindi, il giorno dell’uscita ufficiale, il disco dei Raconteurs era disponibile da subito in vinile, cd, mp3. «Vogliamo diffonderlo nello stesso momento, in tutti i formati, per tutti: fans e addetti ai lavori. Prima diffondiamo il disco e poi lo promuoviamo: abbiamo deciso di invertire l’ordine consueto. Non vogliamo che qualcuno lo descriva e definisca prima che la gente l’abbia ascoltato!», così disse la band di Jack White. Che non per niente è uno dei più fighi in circolazione.
Che se ci pensi funziona così anche in campo amoroso: è difficile che Angelina Jolie o Brad Pitt te li trovi in cassetta della posta in mezzo alla pubblicità del Despar e le bollette da pagare e i cd demo… Chi ti si offre sul piatto d’argento di solito ha qualche falla. Da che mondo è mondo, si va sempre a caccia della preda più difficile. Questo, signori, è darwinismo.

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