Ogni anno, il primo maggio, si verifica l’impossibile.
Il concerto di piazza a Roma, riesce ad essere peggio dell’anno precedente. Anche la situazione del lavoro, della dis/occupazione, dell’immobilismo dei sindacati, degli slogan del politico di turno, riescono a peggiorare. Come diceva Freak Antoni: toccato il fondo ecco che si comincia a scavare. Altro che risalita. Siamo addirittura nella fase dello scavo dello scavo.
I problemi tecnici della messa in onda del concertone, sembrano insormontabili. È evidente che chi è sul palco non sente una mazza, anche il più bravo dei cantanti sembra stonato, i suoni escono orribili, i microfoni fischiano, le urla del pubblico sovrastano a momenti la musica.
Neanche nel 2080, la Rai riuscirà a gestire tecnicamente la messa in onda del live in maniera dignitosa.
Pure il pubblico nel 2080 sarà identicamente stereotipato e supergiuovane (fuori dal tempo come una barzelletta della Settimana Enigmistica): bandiera rossa, Che Guevara, rosso giallo e verde jamaica, fate l’amore e non la guerra, olè olè, oh bella ciao, slogan a go go, canne, birrette, la solita tipa in reggiseno e pantaloncini jeans in groppa a una bestia da soma coi dredlocks, (che la sera tornerà a casa con la schiena a pezzi per aver tenuto l’amica sulle spalle, con grande gioia di quelli che stanno dietro e non vedono un tubo).
Alla fine, però, un occhio al concertone lo si butta sempre, per la stessa pulsione horror che ci spinge a sbirciare i feriti di un incidente stradale.
Ci sono un paio di performance che negli anni mi hanno dato grande gioia e che ricordo con sommo piacere:
i Litfiba ai tempi del Diablo, con un Piero Pelù immane,
i Ritmo Tribale ai tempi di Mantra con una performance caotica ma super energica,
la Carmen Consoli ai tempi di Confusa e Felice (cioè ai tempi in cui aveva qualcosa da dire, e la sua voce pigolante e mediamente isterica non mi urticava come accade oggi).
E Ricky mi ricorda: Neffa con Al Castellana “Aspettando il sole”.
Queste performance, in un modo o nell’altro, hanno segnato dei momenti importanti della mia giuovane esistenza.
Ma veniamo al primo maggio 2010.
Sul palco come presentatrice, Sabrina Impacciatore. Chi cavolo è la Impacciatore? Ecco leggo su wikipedia che l’ha scoperta Boncompagni e che ha lavorato con Muccino per il cinema e le Vibrazioni per la musica. E già ho capito tutto. Da qui in avanti sarà per me Miss Impacciata. Quanto mi ha fatto rimpiangere una Paola Maugeri, per dire. Perché una kermesse musicale, a mio avviso, dovrebbe essere presentata da una che di musica ne sa. Almeno qualcosa. E se non sai, per rispetto degli artisti e visto che ti pagano, tempo di documentarti ce l’hai. A meno che tu non passi il tempo sotto i ferri del chirurgo estetico e ai festini di Briatore come la Simona Ventura che poi fa le gaffes con i Muse etc. Che poi, qualcuno mi dovrebbe spiegare perché in Italia le donne che si occupano di musica con competenza (senza essere mogli di, fidanzate di…. Sorelle di Ricky Russo! È pieno di sorelle di RR in giro) sono poche poche poche.
Comunque, se proprio a presentare non vuoi metterci una competente mettici almeno una super gnocca senz’anima, almeno ti fai gli occhi a guardarla. Ma perché affidare il tutto a Miss Impacciata?
A parte l’abbordabilità del suo cachet, non trovo altri motivi. Era in svendita?
Si presenta vestita con un abito bianco ricamato che mia nonna aveva una tovaglia per i pranzi importanti identica. Le dita piene di anelli che sembrano quelli che trovavi da piccola nelle patatine Pai o nelle uova di Pasqua. Soprattutto, non imbrocca il nome di un gruppo neanche sotto tortura, ansima (come se stesse correndo sul tapis roulant con pendenza massima) e continua ad invitare sul palco suoi amici, ovvero attoruncoli con l’accento romano de roma. “Questo è un mio caro amico che ha interpretato Pantani”. E bhè, con quella crapa pelata poco altro poteva fare nella vita. Ad un certo punto canta pure una canzone, super stonata e con accento inglese impreciso. Canta un po’, si stoppa e chiede di rifarla dall’inizio! I fischi che si è presa li ho sentiti dal mio balcone di Trieste, giuro. La cosa che davvero non le perdono però, è lo stupro di una canzone di Johnny Cash. Dedicandola a tutti gli uomini che “hanno perso il lavoro, che non distinguono più il martedì dal sabato, che si sentono tristi, depressi e falliti, dei mezzi uomini” ricordando che, parlando a nome di tutte le donne (ma parla per te!), “anche se siete disoccupati, vi amiamo lo stesso”.
Ma certo.
Ogni donna, dopo 12 ore di lavoro e dopo aver pulito casa-rammendato i figli-preparato cena, ama portare la birra al proprio uomo disoccupato e depresso che guarda la partita sul divano. Ma parla per te Miss Impacciata! Una bella birra fresca corretta col cianuro.
Ma che poi che è questo sessismo?
L’Impacciata si rivolge sempre, seduttiva e ammiccante, solo agli uomini.
E le donne disoccupate, niente?
Anche io non distinguo il martedì dalla domenica e sono tutta scombinata! E nessuno mi porta la birra in divano. Ho bisogno di essere amata anche se non riconosco un lunedì da un sabato e il giorno dalla notte…
Ma passiamo alla musica.
Nel pomeriggio ci sono un paio di band “emergenti” (emerse impropriamente dalla cantina entro cui dovevano essere murate vive?) che fanno i brividi. Trombette ska, vestiti che sembrano costumi di carnevale, testi patetici. Paolo Belli istiga il pubblico con un sempreverde “Sotto questo sole” e invita i gruppi a contattarlo: “Io supporto la musica, mandatemi i demo che vi produco io”. Adesso, signor Paperon Belli, io ti invio un demo dei miei gorgheggi in doccia e me lo produci. Ti sei preso l’impegno davanti a tutta Italia.
Miss Impacciata annuncia una cantante straordinaria: “non ha partecipato né ad Amici né a X-Factor!” Incredibile. Arriva Nina Zilli con in testa un fiore fucsia enorme. Alza le braccia, alone di sudore. Ha una cintura sotto il seno ed è intrappolata in un tubino. Si gira, pure la schiena è sudata. Poverina. Ci sta che in concerto sudi, ma devi arrivare sul palco in sto stato ancora prima di cominciare, ti devi mettere un vestitino contenitivo? Ma allora ti vuoi male. E questo sarebbe il soul made in Italy? Che l’anima di James Brown sia con noi e c’aiuti.
I Tre Allegri Ragazzi Morti, che adoro, non fanno una buona performance. Purtroppo i gruppi indie, su quel palco non spiccano quasi mai. Sono fuori contesto. Anche i bravi Bud Spencer Blues Explosion rendono di più al Tetris, sono davvero sperduti in duo su quel palco enorme.
Scrive Assante di Repubblica: “Sabrina Impacciatore ha sempre il fiatone, il che è curioso. E senza fiato presenta i Tre Allegri Ragazzi Morti. Sono in giro da moltissimi anni, stelle del rock alternativo italiano, anche se rock è un termine esagerato per la musica della band di Pordenone, perchè le loro sono canzoni, il reggae gioca un ruolo determinante, e l’elettricità è minima. Le maschere le hanno sempre addosso, e vederli in tv, dove non appaiono quasi mai, fa ancora un certo effetto. Sono bravi, tranquilli per la loro strada, musicisti appassionati, che se ne fregano di successo, soldi e fama, ma sono riusciti a costruirsi un discreto seguito nel corso degli anni. Non sono travolgenti, non vogliono esserlo, cercano di catturare l’attenzione del pubblico più sui testi e le atmosfere”.
Però è un peccato che un gruppo che vale, come loro, alla fine non sia messo nelle condizioni di uscirne alla grande.
Devo salvare qualcuno, alla fine.
Dunque tralasciamo i Baustelle e l’orchestrina sinfonietta.
Allora salvo Vinicio Capossela.
Lui sa tenere il palco, sempre.
Lui sa essere convincente in una minuscola piazza di Trieste, da solo a suonare il pianoforte leggendo Fante; in un teatro, in piazza, in un piccolo club.
Dove lo metti, fa la sua figura.
Grazie anche al suo circo e allo spettacolo pieno di cambi e colori, ben rodato.
Primo maggio tutto l’anno?
No, grazie.

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