«Il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia/ che ti spara sulla faccia ciò che pensa della vita»

La puntata di oggi sarà molto seria, anche perché ho risentito la puntata in cui parlavo dello stercorario e mi sono chiesta se per caso Ricky Russo mi avesse messo l’allucinogeno nel caffè. Quindi ora vi faccio vedere quanto io sia una persona a modo quando RR non mi boicotta la bevanda. Per realizzare la rubrica ho addirittura letto due libri e guardato un dvd di due ore. Un impegno intellettuale non da poco. E uno non si aspetterebbe una cosa del genere da una ragazza come me, tutta immagine, nota per la sua vita mondana jet set vip molto catchy all’insegna della leggera spensieratezza no?  No, ok. Basta cincischiare. Entriamo nel pezzo.

Mi sono immersa con molto piacere nell’argomento del giorno, ovvero gli Area. Vi segnalo anzitutto il libro uscito per Arcana Songbook nel 2009: «Consapevolezza. Gli Area, Demetrio Stratos e gli anni settanta» di Luca Trambusti.
Vi segnalerò delle parole chiave da segnare in agenda, non si sa mai che vi serva,
Parola chiave 1: Consapevolezza.
Gli Area avevano in formazione uno dei più grandi cantanti di tutti i tempi: Demetrio Stratos, una voce che si estende aldilà di ogni senso del limite.
Parola Chiave 2: Ultraterrena.
Non per niente gli indiani ritengono che il canto serva per mettersi in contatto con Dio. Ma, oltre che cantante Demetrio era anche un poeta, un musicista polistrumentista, un intellettuale, un ricercatore, uno sperimentatore.
Gli Area sono uno dei gruppi più sottovalutati della storia italiana.
Così si dice.
Parola Chiave 3: Sottovalutati.
Ma probabilmente erano, sono e saranno troppo avanti per il pubblico. «Per tre anni furono incompresi, snobbati, ignorati o insultati. Erano un gruppo “scomodo”, di cui nessuno voleva scrivere: e quindi li ignoravano». Certo non lasciavano indifferenti, erano un gruppo da trionfo o linciaggio, mescolavano jazz, rock e impegno politico: una ricetta impensabile per i tempi.
Dice Patrizio Fariselli: «Una delle cose che ci faceva ridere era vedere certi gruppi che entravano nei camerini e uscivano in un modo diverso; salivano sul palco ed erano altre persone, truccati, abbigliati. Era lo spettacolo circense dell’esaltazione delle falsità. Noi pensavamo che non ci doveva essere differenza tra la vita quotidiana e quella sul palco: anche nei video dell’epoca appariamo come personcine sobrie, che si relazionano con quello che fanno. Ecco: per noi pubblico e privato si fondevano nell’onestà intellettuale, caratteristica che abbiamo posto come faro per il nostro lavoro».
Parola chiave 4: Onestà intellettuale.
Tofani:
«No, non c’era la volontà di essere complicati: non era ostentazione di “complicatezza” per far vedere che eravamo più bravi degli altri. Era naturale, era ciò che veniva fuori: frutto di una diversa metodologia di lavoro, fuori dai canoni di come si fa la musica. Eravamo e siamo persone a cui piace la ricerca e andare in profondità nelle cose: era quindi inevitabile che il risultato fosse qualcosa di complicato. La difficoltà della musica degli Area era forse stimolata anche dall’aspetto filosofico, dal fatto di raccontare situazioni anomale che stimolavano la creatività dell’artista spingendolo a usare soluzioni diverse».
Gli Area suonarono nei posti più assurdi, compreso il manicomio di Trieste proprio nel pieno della rivoluzione basagliana.
Fariselli:
«Per noi fu sempre durissima. Anche nel momento d’oro il nome e il prestigio erano superiori ai dati di vendita e ai rientri economici dei concerti. Sì: suonavamo tanto, ma sempre a prezzi proletari. Durante l’estate suonavamo tantissimo per cui riuscivamo a vivere e a tirare tutto l’anno, ma era semplice sopravvivenza. Abbiamo fatto della bella musica, con molta onestà intellettuale».
Erano anni di rivoluzioni. Anche anni di droghe pesanti.
«Su un muro di Milano c’è una scritta: L’EROINA UCCIDE LENTAMENTE. Sotto, qualcuno aggiungerà con vernice diversa: CHI SE NE FREGA, NON HO FRETTA».
Gli Area erano completamente fuori da questo:
«Noi eravamo abbastanza puliti e non ci interessava la droga, perché all’interno del nostro discorso c’era anche dell’onorabilità a seguire un certo pensiero».
Parola chiave 5: Onorabilità.
Demetrio Stratos
Diceva:
«Non c’è musica complessa, non esiste musica d’elite, è il pubblico che deve crescere con te, devi produrre il fluido necessario affinché anche il più complesso degli schemi armonici possa arrivare con la semplicità di un giro di do».

Più incentrato invece su Demetrio Stratos il cofanetto libro+dvd “La voce Stratos” (Feltrinelli) un film di Luciano D’Onofrio e Monica Affatato.
Demetrio Stratos ha attraversato come una cometa luminosa la scena della musica italiana degli anni sessanta e settanta, lasciando una traccia indelebile nei suoi fan e nelle decine di musicisti che lo hanno seguito. La sua morte inaspettata nel 1979, a soli trentaquattro anni, lasciò un vuoto mai più colmato nel mondo della creazione artistica italiana. Stratos è stato figura politica, interprete di un movimento rivoltoso e fantasioso, che ha trovato il suo culmine nei concitati mesi del 1977 appena prima che tutto si trasformasse in violenza. Le sue canzoni, titoli come Gioia e rivoluzione, Elefante bianco, Luglio, agosto, settembre (nero) senza minimamente concedere alle facili melodie della canzonetta italiana, sono diventati per una generazione inni di impegno e di vita. Come nessun altro autore di canzoni italiano, Stratos ha saputo imprimere alla sua arte (e alla sua leggendaria vita) il senso del tempo, la misura della storia che correva nelle strade delle città europee di quegli anni. Questo completo documentario, che riproduce per la prima volta filmati di repertorio familiare, restituisce la pienezza di un artista che, lo veniamo scoprendo in questi anni, è stato uno dei più grandi “musicisti della voce” del Ventesimo secolo.

«Un poeta persiano ha paragonato l’universo a un antico manoscritto, del quale la prima e l’ultima pagina siano andate perdute; due problemi gli si presentano, e cioè quale sia il significato della sua vita e quale la natura dell’universo che egli vede intorno a sé»

«Gioco, gioco
Col tuo mondo
Posso dominarti
Posso controllarti»

 

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