Oggi basta copia-incollare il lavoro altrui, come nella precedente rubrica. No. Oggi voglio metterci del mio e diffamare a mezzo stampa (mezzo etere)! Le denunce, poi le prende Ricky Russo! Io, non esisto. Non esisto ma rompo le scatole, nel mio non esistere. Un esistenzialismo sfracicante.
Dunque, ultimamente mi sono accorta che tutte le persone che conosco di lavoro fanno (o cercano di fare): musicista, artista, organizzatore di eventi, dj, fotografo, grafico, addetto ufficio stampa, pr, manager, speaker radio-tv, discografico, fonico, giornalista/critico musicale, videomaker, addetto booking, addetto minchioning (che è una nuova figura che sta andando forte). Lavori belli, nobili e stimolanti. Ma i problemi sono diversi. Anzitutto: siamo troppi. E rubiamo braccia alla raccolta delle mele in Trentino, per dire. Secondariamente, domanda: siamo andati in una scuola in cui insegnanti qualificati ci hanno istruiti a dovere e abbiamo un attestato per svolgere il nostro lavoro? Certo che no. Ed è un macello sotto diversi punti di vista: ci troviamo a gestire situazioni senza avere il bagaglio professionale adeguato, oppure ci ritroviamo senza garanzie e tutele. Magari siamo bravissimi, ma – eccetto che con il nostro operato – non abbiamo nessun attestato che lo dimostri.
Poniamo che siamo bravissimi e sappiamo svolgere al meglio il nostro lavoro. In questo caso arriverà il punto in cui pretenderemo che il nostro talento sia adeguatamente retribuito. Se siamo fortunati troveremo un datore di lavoro che riconosce la nostra qualità ed è disposto a remunerarla. Ma essendo un libero mercato di libera crisi, spesso accade che il datore di lavoro magari si rivolge a chi costa meno. O magari non ha la finezza per cogliere ad esempio la differenza tra un flyer artisticamente composto da un grafico competente e creativo e il volantino assemblato da un incapace con il senso estetico di uno scorfano. I più grandi poi, sono quelli che per giocare al risparmio, ci pensano loro. E allora vedi il gestore del locale che serve le bibite, mixa i dischi mentre con un pestelletto prepara il mojito e distribuisce volantini fatti da lui stesso, con scritta color sputacchio e spesso sbagliato pure il nome del locale. Sto povero gestore, a fine serata io me lo immagino fare pure il gigolò per le clienti del locale. Non c’è scampo. Io capisco che ci si trovi nelle condizioni economiche di dover effettuare dei tagli. Ok. Ma taglia proprio! Non ti puoi permettere il grafico? Lo stramaledetto volantino, non lo fai. Oppure: non sai tradurre dall’inglese una biografia di un artista che ospiterai nel tuo locale. Ecco, non usare il traduttore automatico che renderà il cantante Big John Grande Giovanni. Non hai i mezzi? Rinuncia. Taglia. E chi viene viene. Però almeno risparmi la figuraccia. Qui se non cominciamo a salvaguardare la qualità e la professionalità, andiamo davvero a catafascio.

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