Oggi mi tocca fare il collegamento telefonico, anziché essere fisicamente negli studi di Capodistria.
Essendo sotto ferragosto, il gentile ascoltatore penserà: “Sarà in vacanza”.
Una normaloide, sarebbe in campeggio a bere birra e mangiare verdure grigliate.
Ma io sono Elisa Russo.
La donna fatta al contrario.
Quindi questi sono i 5 giorni all’anno in cui lavoro, dopo 360 di festa.
Inoltre sono in sciopero: se non trovo ogni settimana un vip in studio, non vengo più.
La settimana scorsa, mentre eravamo in radio per registrare la puntata di In Orbita News, Ricky mi arriva nella stanza come se niente fosse: “Guarda chi ho trovato in corridoio”.
Pensavo fosse Jadranko, o Mr Riverbero tuttalpiù.
Era Vinicio Capossela.
Come ho detto a lui stesso, ho ben pochi miti.
Lui è uno di quei pochi.
Incontrarlo a sorpresa, considerato quello che la sua musica è stata per me, mi ha riempito di gioia.
Che io sono stupida,
e vado in depressione o in estasi per poco.
Moody.
Capossela mi ispira simpatia.
Almeno con noi Russos è stato simpatico.
Poi apprezza l’altro mio mito assoluto Edda Rampoldi, per cui ha speso belle parole, abbiamo parlato anche del live “Edda in Orbita” registrato a Capodistria e mi ha chiesto di fargliene avere una copia. Quindi festino.
La gioia mi è rimasta addosso per tutto il giorno e per i giorni successivi.
(Che sono stupida).
È stato bello incontrare anche, per la prima volta, altri miti passati per Trieste.
Ovvero i collaboratori di In Orbita: Gianfranco Franchi e Andrea Valentini, per esempio.
È consolatorio ogni tanto avere una conferma dell’esistenza in carne ed ossa di persone che hai potuto apprezzare solo via internet. Della serie: “Allora esistono”.
Poi c’è stato questo tuffo nel passato, con il concerto di Piero Pelù e soci.
Avevo visto i Litfiba in concerto esattamente due volte: 28 gennaio 1991 a Trieste e 10 agosto 1991 a Majano. All’età di 15 anni. Poi nel ’91 avevo visto i Negazione e i Ritmo Tribale, e ciao Pelù. Ormai certo rock tamarro non mi calzava più. Anche perché i Litfiba dopo il Diablo hanno cominciato davvero a scantinare, per i miei gusti.
Rivederli a Majano nel 2010, è stato emozionante. Risentirli suonare i pezzi vecchi… è stato un po’come ripercorrere gli ultimi 20 anni della mia vita, accorgendomi di non essere cambiata poi molto. Quando la musica ti prende, ti prende tanto. Spazio e tempo. Ci guadagni e ci perdi anche. Dirò una cosa blasfema: mi sono sentita come la suora che deve essere fedele a Dio Gesù quel che è. E come se immolarsi sull’altare del rock’n’roll non lasciasse posto ad altro, ad esempio avere una famiglia. Un amore totalizzante. Può essere? Amare la musica come Dio. La musica è Dio?
Ma torniamo ai Litfiba, prima che mi rinchiudano. Piero Pelù è allucinante, sembra l’abbiano ibernato (sempre uguale, come Gianni Morandi e Dieghìn!) e sì: quei pantaloni di pelle attillati se li può permettere solo lui. Grande energia, carisma, presenza, voce. Impeccabile. I classici dei Litfiba sono davvero intramontabili. Il pubblico è adorante. Cerco di pensare a qualche rock band italiana che abbia colmato il vuoto lasciato dai Litfiba in questi anni. Macché. Nessuno. E non citatemi Timoria, Negrita, Vibrazioni che poi mi tocca dire cose brutte. Gli Afterhours hanno fatto una bella carriera, ma non sono mai diventati davvero nazional-popolari nel senso litfibiano del termine (quando mi esalto per una cosa come “Giro di notte con le anime perse” mi chiedo come mi fa a piacere ‘na cosa così popolartamarra eppure mi piace di brutto!). Se in scaletta avessero inanellato solo i classici, la serata sarebbe stata perfetta. E invece hanno voluto fare i pezzi degli ultimi anni e addirittura gli inediti. Francamente superflui. Quindi accanto all’entusiasmo, cala qualche ombra. E ti chiedi quanto Pelù e Renzulli si odino ancora e quanto il bisogno di soldini sia il collante della loro ritrovata fratellanza (“Di nuovo insieme perché i fratelli non si lasciano mai veramente” seeeeeee). Poi c’è la paura di vederli fare un disco nuovo e chissà che razza di porcheria ne può venir fuori. Ma lasciamo stare le ombre e godiamoci questi ultimi giorni di sole. Purché non sia un “Sole Nero”.
PUNTATA 41
