Ultimamente questa rubrica stava un po’svaccando: cioè la stavo utilizzando a fini terapeutici, per sfogo contro questo e contro quello che sto sempre arrabbiata, sto… ma non è colpa mia… è colpa LORO!
Sto giro tenterò di fare una cosa seria.

Dedico questa rubrica alla memoria di Mia Zapata, una delle mie cantanti preferite. Fu stuprata e assassinata nel 1993. Il mese successivo avrebbe compiuto 28 anni e non è forse un caso che sia morta giusto in tempo per rientrare anche lei in qualche modo nel club dei 27, le rockstar morte a 27 anni (Janis Joplin, Jim Morrison, Brian Jones, Jimi Hendrix, Kurt Cobain etc). Solo che la sua morte è ancora più assurda e brutale – se possibile -, difficile da accettare. Per molti anni gli investigatori brancolarono nel buio totale. L’assassino fu trovato e incastrato grazie alla prova del dna soltanto nel 2003, 10 anni dopo. È stato condannato a 36 anni di carcere. Che mi sembrano anche pochi per il crimine di cui si è macchiato.
Ma non sono qui per parlarvi di cronaca nera, bensì per  segnalare e raccomandare la visione del documentario di Kerri O’Kane che le rende un doveroso omaggio: consiglio di vederlo assolutamente e di riscoprire questa grandissima cantante che ci ha lasciati così prematuramente e assurdamente.
Mia discendeva proprio da quell’Emiliano Zapata, il capo rivoluzionario e guerrigliero messicano, difensore dei diritti degli indigeni nel Messico e della riforma agraria.
Quindi aveva sangue rivoluzionario nelle vene.
Il padre di Mia, Richard, descrive la figlia come una persona molto mite e timida, una che non attirava l’attenzione su di sé, ma che quando saliva sul palco diventava assolutamente magnetica.
I compagni del college la ricordano come una che alle feste saliva sul tavolo e si metteva a cantare pezzi blues con un piglio alla Patti Smith, catalizzando tutti i presenti.
Magnetica è davvero la parola giusta per descriverla.
Il documentario è fatto davvero bene: interviste, recupero di spezzoni live mai visti prima, foto, i luoghi di Mia. Come ad esempio una casa in cui viveva a Seattle assieme al resto della band, in una sorta di vera e propria comune. Uniti da amicizia, lealtà, fratellanza. E birra. “Eravamo giovani, annoiati, arrabbiati, un po’ ubriachi, pieni di energia: decisamente punk. Eravamo convinti che niente sarebbe accaduto se non fossimo stati noi stessi a farlo accadere”.
Ad un certo punto, ad un festino nella loro Rathouse si vede appeso alla parete un enorme poster dei Jingo De Lunch: non è un caso. La persona che mi passò la prima cassettina con un disco dei Gits mi disse proprio: se ami il modo di cantare di Yvonne e ti piacciono i Jingo, impazzirai per Mia e i suoi Gits. E così fu: colpo di fulmine. Uno di quegli amori così totali che accadono poche volte, purtroppo. La voce di Mia è una di quelle che tocca corde speciali, arriva dove mi arrivano giusto Layne Staley, Edda, Yvonne Ducksworth e pochi altri. Musica che ti arriva alla stomaco, alle viscere. All’anima, Roba di spessore. Nel documentario compare anche Joan Jett: ha partecipato alla raccolta di fondi per le investigazioni private sulla morte di Mia e assieme ai restanti membri dei The Gits, ha registrato nel 1996 il disco Evil Stig che includeva diverso materiale di Zapata. Se ho capito bene, Joan Jett è stata anche tra i finanziatori del documentario. Dopo la morte di Mia, la batterista Valerie Agnew del gruppo 7 Year Bitch fondò, assieme a Stavey Westcott, l’organizzazione Home Alive per sensibilizzare e raccogliere fondi a favore dell’auto-difesa. Home Alive ha anche distribuito un CD, The Art Of Self Defence, che includeva brani dei the Gits oltre che di artisti del calibro di Nirvana, Pearl Jam e molti altri.
Visto che abbiamo citato Joan Jett, prometto una prossima puntata sul film dedicato alle Runaways. E chiudo la rubrica con un piccolo aggiornamento sulla Joan Jett triestina, Dorina che stiamo seguendo nella trasmissione Rai 2 X Factor. Nella prima puntata ha cantato “Heavy Cross” dei Gossip e ci ha stesi tutti. Ora la aspettiamo martedì nella seconda puntata. E come hai detto lei stessa in un’intervista: “Forza e coraggio che la vita xe de passaggio”.

 

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