Questa settimana non sono presente fisicamente in radio, ma solo in collegamento telefonico. Probabilmente sarà così fino a dicembre, poi ritorno a Koper e invado lo studio riducendo Ricky Russo al silenzio.
Come mai tale assenza si chiederà il gentile ascoltatore?
Ebbene, qualche mese fa mi lamentai che non trovavo lavoro ed ecco che me ne arrivano 5 insieme (tutti volanti e temporanei, ovviamente).
O troppo o niente.
Se le cose vanno davvero così a fasi, aspetto con ansia i miei prossimi 5 fidanzati (e intendo 5 contemporaneamente. E volanti!).
Li voglio tutti belli (molto belli) ma soprattutto ricchi, così non devo più lavorare e vado nei locali a stappare bottiglie di champagne da 1700 euro come si è visto in un servizio di Enrico Lucci per Le Iene.
Ma anche no.
Credo che resterò ligia al consiglio che mi ha dato una delle poche persone di cui m’importa(va): “Se non sai stare con la gente, non cercarla”.
Considerando che un’altra delle persone di cui più m’importa(va) non si berrebbe un caffè con me neanche sotto tortura, è meglio che mi tenga i miei 5 lavori.
Amen.
Mi viene da chiuder la porta e buttar la chiave.
Per non tovarmi a rivestire il ruolo (quando proprio mi va di culo) di tappabuchi virtuale in assenza momentanea di altrui affetti reali.
Che con le persone, faccio pasticci e incidenti (sarà per il mio concetto di amicizia imposta con la clava esposto nella puntata precedente di DDD?). Anche quando ho buone intenzioni.
(Ma devo per forza essere io. Lo so).
Ecco un esempio: Tra i vari lavori che ho in piedi, c’è quello delle interviste telefoniche ai laureati italiani. Di solito sono tutti abbastanza disponibili e gentili. L’altra sera mi capita una ragazza che conosco (mai mangiato minestra assieme ma era amica del mio ex, ne seguo l’operato – è una personal shopper – via internet e me la ricordo vagamente dai tempi dell’università. Mi faccio fregare dalla dottrina facebookiana del mutual friends. Ora vi confermo che gli amici degli amici non sono amici di default, pay attention! Pozor! Gli amici degli amici spesso sono nemici, e anche pericolosi). Appena vedo sullo schermo un nome conosciuto mi sento tutta felice: “Yuppie una mia coetanea, triestina… scatta la solidarietà”. Ma non va proprio così. L’amica di amici risponde al telefono e mi tratta malissimo, non mi fa parlare e mi urla “no no no macché intervista”. Cerco di placare la sua ira dicendole che la chiamo da Trieste, che la conosco aspettandomi la svolta amichevole e il 5 alto e poi a bersi una birretta al Tetris. Errore micidiale. Chiudo la chiamata con un sarcastico “simpaticissima eh!”. Errore micidiale 2. Dopo 10 minuti me la ritrovo di persona in ufficio, amichevole quanto un dogo argentino. Nota bene: non aveva 1 minuto per stare al telefono, ma mezz’ora per cazziarmi per averle dato della simpaticissima, sì. Queste sono sfuriate tipicamente femminili, e io che sono donna dovrei conoscerle e prevenirle. Se sapessi stare al mondo. Ha fatto bene a darmi questa lezione di vita: “alle volte uno cerca il 5 alto come nell’NBA e rischia il posto”.
“Se non sai stare con la gente, non cercarla”.
Ho capito, ho capito.
Ma di tutte le professioni strane, frustranti e pericolose intraprese questa settimana ce n’è una che mi ripaga di tutto. Il weekend è dedicato alle riprese tv per In Orbita Stagione 3. Tutto all’insegna del low budget e dei tagli, per stare al passo con i tempi. Niente sponsor d’abbigliamento e sarti di lusso. Per scherzare butto lì: “Potremmo presentarci con le tute da astronauti”. Il giorno dopo Ricky Russo è in sartoria a comprare metri di stoffa argentata per confezionare le tute spaziali. Ma non basta. Mamma Russos si ricorda che quando eravamo piccoli (io 3 anni, Ricky 6) il nonno (che in un film sarebbe interpretato da Uncle Junior dei Sopranos) ci aveva regalato, di ritorno dagli States, autentici giubottini argento da astronauta. Li ha conservati. Li tira fuori. Bhè la notizia è che a me sta ancora addosso alla perfezione (non il mio, ma quello di RR). Cioè girerò le puntate con addosso un giacchetta misura bimbo 6 anni. E penso che per oggi possa bastare. Tra l’altro oggi volevo dedicare invece la rubrica ai concerti di Woodstock a 5 stelle che mi sono piaciuti davvero tanto (soprattutto Fabri Fibra, Tre Allegri Ragazzi Morti, Paolo Benvegnù, The Niro e il Teatro Degli Orrori), ma i casi della vita come sempre mi hanno condotta altrove. Slogan finale, preso dai Black Mountain (che adoro): “Make Love, then war”. Fate l’amore e poi la guerra.
Simpaticissimo Ricky Russo.
Simpaticissimo eh.
Uh.

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